Ieri pomeriggio si è svolto l’incontro tra Governo e Regioni sulla campagna vaccinale, con i ministri della Salute e Affari regionali, Roberto Speranza e Mariastella Gelmini, il commissario all’emergenza Francesco Paolo Figliuolo e il capo della protezione civile Fabrizio Curcio.
In tale contesto, il commissario all’Emergenza ha fornito un’indicazione sui vaccini Pfizer, spiegando che alcune categorie considerate più fragili – per esempio i pazienti oncologici che hanno bisogno di completare al più presto il ciclo vaccinale per iniziare il percorso di cura – possono continuare a fare la seconda dose dopo 21 giorni dalla prima, come previsto inizialmente. Mentre per tutte le altre categorie è raccomandato lo spostamento della seconda inoculazione del siero dopo 42 giorni.
Il piano Figliuolo sull’estensione a 42 giorni
L’inoculazione dopo 42 giorni – e non più 21 – nasce su spinta della circolare del Ministero della Salute, che il 5 maggio recepisce il parere del Comitato tecnico scientifico. Ieri l’azienda ha affermato che “non ci sono studi al riguardo”. Da qui lo scontro.
Attualmente le Regioni si muovono in ordine sparso: un periodo tra i 21 e i 28 giorni di distanza per il richiamo è previsto solo in Val D’aosta, Abruzzo e Sardegna; fino a 35 giorni in Piemonte, Emilia-Romagna, Umbria, Lazio, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia. In tutte le altre Regioni si attende fino a 42 giorni.
La bocciatura di Pfizer
Fin da subito, l’azienda farmaceutica Pfizer ha bocciato l’allungamento a cinque settimane dell’intervallo tra prima e seconda dose. Oggi Valentina Marino, direttore medico di Pfizer Italia è intervenuta ribadendo: “L’azienda non può discostarsi da quanto approvato dalle autorità regolatorie, questo però non toglie e non può escludere assolutamente che le autorità sanitarie possono raccomandare dosaggi alternativi per motivi di sanità pubblica. L’obiettivo comune è sconfiggere il Coronavirus, le aziende mediche forniscono i propri dati, ma le decisioni finali rimangono alle autorità sanitarie”.
L’azienda statunitense ha aggiunto che “non è in discussione il piano vaccinale” e che, sullo spostamento del richiamo a 42 giorni, si “limita a riportare quanto emerso dagli studi”. Ovvero che per il momento ci sono solo dati sulla seconda dose dopo 21 giorni. Ma aggiunge che “le raccomandazioni sui regimi di dosaggio alternativi sono di competenza delle autorità sanitarie e possono includere raccomandazioni dovute a principi di salute pubblica”.
Il parere del Cts
A sciogliere la matassa è intervenuto prima il Cts e poi Ema. “Da medico rispondo in maniera molto chiara. L’intervallo tra la prima e la seconda somministrazione prolungato alla sesta settimana, quindi ai 42 giorni, non inficia minimamente l’efficacia dell’immunizzazione e ci permette di somministrare molte più dosi di vaccino”. Queste le parole di Franco Locatelli, Presidente del Consiglio Superiore di Sanità (Css) e coordinatore del Comitato Tecnico Scientifico (Cts) , ad Agorà su Rai Tre.
Il parere di Ema
Sull’estensione della seconda dose del vaccino anti covid Pfizer l’Ema ha dichiarato attraverso Marco Cavaleri: “È importante sottolineare che nei test clinici la somministrazione della seconda dose di Pfizer Biontech era prevista fino a 42 giorni“. L’agenzia europea per i medicinali dell’Unione Europea prosegue sottolineando che “queste informazioni sono nel bugiardino del vaccino. Quindi non è una deviazione rispetto alla raccomandazione di superare i 21 giorni estendendo a cinque settimane-40 giorni”. E che invece lo sarebbe se si superassero i 42 giorni.
Cavalieri aggiunge inoltre che non c’è nessuna indicazione “che la somministrazione della seconda dose di AstraZeneca possa accrescere il rischio di eventi rari avversi legati alle trombosi”.
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