Uccise il padre per difendere la madre, Alex ha sostenuto la maturità
Nella mattinata di ieri, lunedì 22 giugno, Alex Pompa, il ragazzo di 18 anni che lo scorso 30 aprile a Collegno ha ucciso a coltellate il padre Giuseppe Pompa, ha sostenuto l’esame di maturità all’istituto Arturo Prever di Pinerolo, in provincia di Torino. Il giovane, agli arresti domiciliari, è stato accompagnato dal proprio avvocato e si è seduto davanti alla commissione.
Il diciottenne era stato arrestato dai carabinieri per aver ucciso il padre con 24 coltellate nel tentativo di difendere la madre dai maltrattamenti che, come hanno accertato gli investigatori, andavano avanti da anni. Da aprile Alex vive a casa di Fabio, un compagno di classe che si è offerto di ospitarlo perché il giudice gli concedesse gli arresti domiciliari. I due ragazzi sono stati gli ultimi studenti a passare nella mattinata. Alex ha ottenuto il punteggio di 87/100, l’amico 88. “Sono molto grato per il sostegno ricevuto e ora mi sento in dovere di ricambiare” ha detto il giovane ringraziando preside, insegnanti e anche il ministero: “La consigliera Azzarà e la ministra dell’Istruzione Azzolina hanno voluto salutarlo direttamente oggi, al telefono, per augurargli ogni bene, dicendogli di non mollare e di continuare a studiare”, ha riferito l’avvocato Claudio Strata.
Il prossimo esame ancora più importante per il 18enne ci sarà a luglio quando atteso l’esito della perizia medico legale e di quella psichiatrica sul ragazzo richiesta dal gip.
L’assassinio del padre
Alex Pompa era stato arrestato dai carabinieri per aver ucciso il padre con 24 coltellate nel tentativo di difendere la madre. La sera del delitto Giuseppe Pompa avrebbe inveito contro la moglie. A far scatenare la sua ira sarebbe stato il fatto che un collega della donna al supermercato dove lavora come cassiera, a suo dire, le avrebbe posato una mano sulla spalla, in atteggiamento confidenziale. Alle 20 e 40, secondo il racconto della donna e dei figli, Giuseppe Pompa ha accolto sua moglie sul pianerottolo, dopo averla aspettata al balcone, e avrebbe dato inizio la lite nella quale si erano intromessi i figli. L’uomo, sempre secondo il racconto dei familiari, avrebbe iniziato a spingere la moglie, schiacciandole il telefono sulla faccia e i due ragazzi, a quel punto, sarebbero intervenuti per difenderla. È stato Alex stesso, dopo la morte del padre, a chiamare i carabinieri per consegnarsi.
Sono gli stessi giudici a sottolineare come normalmente per un delitto come quello commesso da Alex non ci sia altra strada che la misura cautelare in carcere. Una condizione “superabile – scrivono i giudici – dalla considerazione dell’emersa personalità del giovane indagato e del contesto ambientale in cui il delitto è maturato”. Una situazione che la difesa ha documentato con una memoria di oltre 90 pagine e 200 file audio che raccontano quello che accadeva nella casa di via De Amicis dove vivevano il ragazzo con il padre, la madre e il fratello.