La Treccani ha cambiato il suo vocabolario online sulla voce “donna” eliminando i sinonimi dispregiativi come “cagna”, “zoccola” o “pu**ana”. È senz’altro molto più che una buona notizia, si direbbe incredibile. Come è incredibile il fatto che fino ad oggi questa serie di appellativi siano stati associati, o meglio, utilizzati in sostituzione alla parola “donna”.
La vittoria di oggi è il risultato di una battaglia iniziata lo scorso 5 marzo quando le attiviste capitanate da Maria Beatrice Giovanardi, l’italiana che ha ottenuto che l’Oxford Dictionary modificasse in chiave non sessista la definizione di “woman“, hanno inviato una lettera all’Istituto dell’Enciclopedia Italiana Treccani per modificare la voce “donna”.
“Sapevi che nel dizionario dei sinonimi, in riferimento alla parola “donna”, eufemismi come “buona donna” e sue declinazioni come “pu**ana”, “cagna”, “zoccola”, “bagascia”, e varie espressioni tra cui “serva”? Con queste espressioni associate al concetto di “donna” trovano posto inoltre una miriade di esempi ed epiteti dispregiativi, sessisti, talvolta coraggiosamente definiti eufemismi: “baiadera”, “bella di notte”, “cortigiana”, “donnina allegra”, “falena”, “lucciola”, “peripatetica”, “mondana”, “passeggiatrice”, e molti altri”, recita la lettera inviata alla Treccani negli scorsi mesi pubblicata da Repubblica che ha ospitato il dibattito.
Inizialmente l’istituto aveva replicato alla missiva, che ha raccolto l’adesione di oltre 100 donne (tra cui Laura Boldrini, Michele Murgia, Imma Battaglia, Alessandra Kustermann e la vice direttrice generale Banca d’Italia Alessandra Perrazzelli), declinando la proposta, motivata con “le parole hanno una storia che non si può cancellare“.
Ma la pressione delle attiviste ha avuto la meglio e così il vocabolario online Treccani da pochi giorni ha effettuato un repulisti generale eliminando tutte le parole considerate sessiste: al loro posto avanzano espressioni che fotografano un altro tipo di donna, valorizzando i traguardi intellettuali e sociali come donna di lettere, di legge, di scienza e di Stato).
“In numerose espressioni consolidate nell’uso si riflette un marchio misogino che, attraverso la lingua, una cultura plurisecolare maschilista, penetrata nel senso comune, ha impresso sulla concezione della donna. Il dizionario, registrando, a scopo di documentazione, anche tali forme ed espressioni, in quanto circolanti nella lingua parlata odierna o attestate nella tradizione letteraria, ne sottolinea sempre, congiuntamente, la caratterizzazione negativa o offensiva”, scrive la Treccani rispondendo alla missiva.
Valeria Della Valle, direttrice del vocabolario Treccani, ha poi spiegato a Repubblica che la scelta di modificare la voce “donna” è solo l’inizio di un più lungo processo “culturale”: “l’operazione richiederà più tempo perché il lavoro di un dizionario è simile a quello del sarto, la voce ‘donna’ che contempla già espressioni relative ai diritti, all’emancipazione e ai movimenti di liberazione delle donne, ha bisogno di ritocchi che aggiungeranno frasi relative al ruolo professionale della donna”.
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