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    Torino, Siena, Parma: le tre università italiane che chiedono di riconoscere lo Stato di Palestina

    Credit: AGF
    Di Enrico Mingori
    Pubblicato il 24 Lug. 2024 alle 11:56

    In questi mesi i Senati accademici di molte università italiane hanno approvato documenti in cui si invoca pubblicamente un cessate il fuoco nella Striscia di Gaza.

    Questi appelli sono stati votati anche sull’onda delle proteste degli studenti schierati con il popolo palestinese. Ma negli atenei di Torino, Siena e Parma ci si è spinti un po’ più in là: i Senati accademici di queste università hanno recentemente avallato tre mozioni in cui si chiede espressamente di riconoscere lo Stato di Palestina.

    La prima in ordine di tempo è stata Torino. Lo scorso 13 giugno il Senato accademico piemontese ha approvato un documento in cui si legge che l’organismo, presieduto dal rettore Stefano Geuna, “sostiene i diritti del popolo palestinese e, tra questi diritti, quello di avere uno Stato in cui riconoscersi congiuntamente con il diritto all’esistenza in sicurezza di Israele”.

    L’appello non ha pienamente soddisfatto i collettivi studenteschi pro-Palestina: “Questi obiettivi di certo non ci bastano – hanno commentato gli attivisti – ma sappiamo di aver aperto una breccia nelle enormi contraddizioni dell’Ateneo torinese e dell’intero sistema su cui esso si basa, orientato esclusivamente al profitto”.

    Nei giorni scorsi anche gli atenei di Siena e Parma hanno votato dichiarazioni simili. In particolare, il 16 luglio il Senato accademico dell’Università di Siena ha approvato all’unanimità una mozione in cui non solo si condanna la “feroce rappresaglia dello Stato di Israele, che sta massacrando con inusitata disumanità la popolazione palestinese” ma ci si appella anche “al Parlamento e al Governo affinché l’Italia si unisca al gran numero di Paesi che, nel mondo, riconoscono ufficialmente lo Stato di Palestina accanto allo Stato di Israele”.

    “Un’azione del genere – si legge nel documento – avrebbe l’effetto di contrastare le tendenze estremistiche presenti in ciascuna delle due parti in conflitto: quella di chi, da parte palestinese, nega il diritto di Israele a esistere e quella di chi, da parte israeliana, auspica e dichiara che uno Stato palestinese non vedrà mai la luce”.

    A Parma ci si è spinti ancora più in là. Il 23 luglio scorso il Senato accademico ha votato a maggioranza una mozione dal titolo “Ripudio la guerra” in cui si sostiene “la necessità di uno Stato di Palestina democratico per portare a una soluzione di pace, come già approvato in numerose sedi internazionali”.

    Non solo: l’Ateneo parmigiano si impegna a istituire borse di studio per ricercatori e ricercatrici palestinesi e “non collaborare con enti accademici che supportino, promuovano o finanzino la guerra e a riconsiderare la collaborazione con istituti di ricerca attivamente coinvolti nel supporto all’apparato militare”.

    A Parma sarà inoltre costituito un Osservatorio paritetico docenti-studenti-personale tecnico amministrativo, “aperto anche a rappresentanze della società civile, con l’obiettivo di analizzare e discutere sulla ricerca scientifica e sulle sue conseguenze in chiave etica”.

    Dei 193 Stati membri delle Nazioni Unite sono 147 quelli che riconoscono lo Stato di Palestina. Tra essi non ci sono gli Stati Uniti, né il Canada, né il Regno Unito e sono solo 9 i Paesi membri dell’Unione europea: ad oggi l’Italia, così come Germania e Francia, non riconosce lo Stato di Palestina.

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