Studenti regalano test del Dna ai ministri: Scoprite le vostre origini etniche
A Bologna c’è una dozzina di giovani, tutte matricole dell’Università Alma Mater Studiorum tra i 20 e i 22 anni, che sogna di consegnare personalmente un regalo ai ministri del governo Conte: un kit per il test del Dna che permette di tracciare l’origine etnica di un individuo.
Il progetto si chiama “Identità sconfinate” e mira a dimostrare che l’identità personale non è qualcosa di immobile o scolpito nella pietra. Al contrario, se si ripercorre a ritroso l’albero genealogico di ciascuno di noi a partire dalle informazioni contenute nel genoma umano, ossia l’insieme di informazioni genetiche depositate nella sequenza di Dna che sta nel nucleo delle nostre cellule, si scoprirà che ogni persona è il frutto di tante origini etniche diverse. Cosa vuol dire essere italiani? Ed essere uomini? Queste le domande a cui gli studenti bolognesi provano a dare risposta.
TPI ha incontrato alcuni di loro – Maria Laura Cao, Luca Pecile, Gaetano Sciarotta e Chiara Taiariol – capitanati da Rosa Maria Currò, portavoce dell’iniziativa.
Siamo 12 universitari bolognesi di varie facoltà: antropologia, lettere, filosofia, scienze della comunicazione, sviluppo e cooperazione internazionale.
Due di noi si sono sottoposti al test e l’hanno trovato molto interessante, soprattutto considerate le recenti derive nazionalistiche, nella società civile, quando si tratta di migranti. Basta guardare i commenti via social in proposito. Oggi si può dimostrare scientificamente che tutti abbiamo alle spalle una storia di migrazioni. Ci siamo chiesti cosa succederebbe se più persone fossero a conoscenza di questa cosa. Molte argomentazioni sui migranti perderebbero forza, perché non si basano su fatti reali.
Vogliamo trasparenza: il progetto mira a sensibilizzare, non vuole additare nessuno. Ci sono schemi di pensiero ancora troppo diffusi che dipendono da rimasugli del passato come la teoria della razza. Noi abbiamo conoscenze che aiuterebbero a rompere questi schemi e vogliamo condividerle. Non c’è scopo di lucro e nemmeno l’intenzione di attaccare qualcuno.
Due anni fa ho usato il kit fornito da National Geographic nell’ambito del Genographic Project: a partire dal Dna di una persona permette di ricostruirne indicativamente fino a 10mila anni di storia genetica. Si presta attenzione ai cluster, a gruppi che condividono determinati pezzi di genoma. Questo test non dà risposte univoche, ma sono indicative delle origini che una persona ha.
Il mio risultato è stato 74 per cento Europa mediterranea e 24 per cento Asia Minore. Manca un 2 per cento perché alcuni marcatori genetici, cioè alcune sequenze note di Dna, non hanno dato risultati chiari. Mi ha colpito molto che quasi un quarto dei miei marker genetici riconduca all’Asia Minore, dove oggi si trova la Siria, un Paese che vive condizioni geopolitiche complesse. Parliamo di una zona da cui fuggono moltissime persone nella speranza di salvarsi la vita. Alcune di loro cercano di arrivare in Italia e troppe muoiono tentandoci.
Il fatto che io sia nata nel nostro Paese, dove sono libera di esprimermi e di promuovere un progetto come “Identità sconfinate”, è una casualità. Vivo qui perché a un certo punto della storia alcuni miei antenati sono giunti qui: è un caso, non un diritto che mi appartiene.
Le mie origini mi incuriosiscono da sempre: mia mamma è di Trento, mio papà è siciliano, il mio cognome ha derivazioni greche. E io ho la doppia cittadinanza. Quando sono nata i miei genitori vivevano negli Stati Uniti per lavoro: lì vige lo ius soli, la nazionalità spetta di diritto a chi nasce su territorio Usa, quindi ho anche passaporto americano.
Si acquistano via internet, ce ne sono di diversi tipi. Alcuni richiedono un campione di saliva, bisogna sputare in un contenitore. Con altri si raccoglie un campione di cellule epiteliali in bocca: si strofina un piccolo tampone all’interno della guancia. Non c’è bisogno di aghi o prelievi di sangue.
Si spedisce il tutto in laboratorio e i risultati vengono recapitati al mittente nel giro di qualche settimana, accompagnati da materiale illustrativo.
Per ora, in quattro mesi di attività, abbiamo raccolto circa 600 euro. Se raggiungessimo quota 3mila euro potremmo acquistare un kit per ogni ministro. Chi vuole aiutarci economicamente, può farlo qui.
All’inizio il progetto è stato frainteso: qualcuno ha pensato che volessimo dimostrare che i ministri del governo italiano fossero al 100 per cento italiani. Un obiettivo impossibile. Il nostro scopo è l’opposto. Incontrandoci, le persone hanno cominciato a capire. Abbiamo tenuto presentazioni a Bologna, Padova e Torino.
Capita di essere insultati sui social: ora che cominciano a uscire articoli di giornale sull’iniziativa, ancora di più. Ma noi non abbiamo scopi propagandistici. Accettiamo solo critiche costruttive, chi insulta viene ignorato. Per fortuna molte persone ci supportano e hanno capito le nostre intenzioni.
Per la scienza, no. È questo il punto. Ma il nostro progetto non mira a riaccendere il dibattito sullo ius soli: è un tema che va discusso nelle sedi opportune, in Parlamento. Noi vogliamo solo contribuire a incrementare le conoscenze scientifiche della collettività. E la scienza ci dice che tutti abbiamo un’origine migrante. Può darsi che tu abbia un patrimonio genetico molto più simile a chi vive dall’altra parte del mondo che non al tuo vicino di casa, che è cresciuto con te. Questo si deve sapere, senza sfociare in determinismo genetico. Ci vuole dialogo.
Oggi pare che a molte persone prema la conservazione di una presunta italianità tanto propagandata e stereotipata. Ma la cultura e le abitudini del Belpaese non esisterebbero senza le migrazioni, senza il continuo contatto tra popolazioni diverse che è avvenuto in migliaia di anni. I cambiamenti accadono: è giusto così.
Come è legittimo che ci siano controlli sulle migrazioni. Ogni stato nazione ha delle regole, noi non siamo sovversivi. Vorremmo solamente che la gente s’informasse prima di abbracciare posizioni brutali ed estremiste nei confronti di chi approda qui. Ogni essere umano è una risorsa, ogni diversità è risorsa. Tutti siamo risorse. Se non avessimo scoperto le Americhe, l’amata pasta al pomodoro non esisterebbe.
Speriamo solamente che il nostro invito a sottoporsi al test venga accolto. Ma se i ministri non volessero accettare – scelta legittima da parte loro – abbiamo già deciso di regalare i kit a chi ha creduto nel progetto, estraendo a sorte i fortunati tra donatori e follower su Facebook.
Non cerchiamo nulla di specifico, né da Salvini né da nessun altro. Vogliamo un confronto, un commento sul tema. Che si faccia il test oppure no.
Ancora non si sa. Desideriamo raggiungere più gente possibile, ci vuole tempo. Aspettiamo che un buon numero di persone si sia messo in contatto con noi. Non importa che ci dia ragione, quello che conta è confrontarsi. A quel punto procederemo all’acquisto dei kit e alla consegna – di persona – nella Capitale.
Ci piacerebbe utilizzare il materiale di National Geographic perché è frutto di anni di esperienza. (Ma da fine maggio 2019 sul sito dedicato i kit non sono più acquistabili: il progetto di ricerca, attivo dal 2005, ha superato il milione di individui coinvolti, ndr). In alternativa, ci sono altri kit validi sul web: probabilmente ci riforniremo da 24Genetics, una startup biotecnologica europea operante in più di 90 paesi.
Se i fondi raccolti non dovessero bastare per ogni ministro, saranno i ministri stessi a decidere come spartirsi i kit disponibili. Noi non vogliamo obbligare nessuno. È importante che chi ci rappresenta divulghi conoscenza e non stereotipi, è l’unico obiettivo a cui aspiriamo. E, dato che sottoporre tutti gli italiani a questo test sarebbe troppo impegnativo dal punto di vista economico, cominciare da chi ci rappresenta ufficialmente ci sembra abbia un forte valore simbolico.
Poi, si sa, disinformazione e razzismo non sono rischi che si corrono solo in Italia. Per questo in autunno andremo in Francia: parteciperemo al forum Nantes Creative Generations, che coinvolge giovani da tutta Europa.