Monte Saresano, fascia territoriale incastrata tra le province di Bergamo e Brescia: l’epicentro è Tavernola Bergamasca, duemila abitanti in tutto, ma la catena di comando di tutti i paesi di fronte, compresi Montisola (la più grande isola lacustre naturale d’Italia, tra i borghi più belli del Paese) e quelli incuneati sulla sponda bresciana, si è trovata in fretta e furia a dover avvertire la popolazione del pericolo e, soprattutto, ad aggiornare i piani d’emergenza.
La situazione “è degenerata” il 23 febbraio, quando la frana ha iniziato a scivolare giù dal pendio della montagna in modo accelerato, toccando un ritmo di 2,8 centimetri al giorno. È costituita da 2,1 milioni di metri cubi di materiale (roccia e terra) in movimento verso il lago: si tratta di una superficie di circa 100mila metri quadrati in discesa, da altitudini che variano dai 370 ai 630 metri. Oggi le crepe sull’asfalto sono profonde più di mezzo metro e continuano a crescere di giorno in giorno.
A diminuire, invece, è l’apprensione istituzionale di Regione e governo, che si è (di nuovo) come anestetizzata: vero, la marcia dei massi ha rallentato, sembra che ora proceda in media di 3 millimetri al mese, «salvo imprevisti» dicono gli esperti. Ma il versante è tuttora in attività: basta misurare le crepe incise nell’asfalto per accorgersi che la frana si muove e non a caso la strada provinciale 78 è ancora interrotta. L’Università Bicocca e l’Università di Firenze hanno evidenziato come lo tsunami rappresenterebbe un disastro per «persone, coste, abitazioni, attività», un danno gigantesco per il turismo e l’ambiente, e hanno individuato tre scenari possibili.