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    “Per Suarez porte aperte, per milioni di ragazzi cresciuti qui invece la cittadinanza resta un sogno”: parlano gli attivisti

    Di Lara Tomasetta
    Pubblicato il 23 Set. 2020 alle 12:39 Aggiornato il 23 Set. 2020 alle 12:52

    L’esame sostenuto da Luis Alberto Suarez Diaz, alias el Pistolero, alias il sogno proibito della Juventus di Pirlo, all’Università per stranieri di Perugia il 17 settembre scorso è stato, secondo i magistrati, un’autentica farsa. Una farsa che gli sarebbe valsa, nel giro di sole due settimane, l’ottenimento della cittadinanza italiana. Requisito necessario per poter far parte della rosa dei bianco-neri.

    Quello di Suarez è uno scandalo che di giorno in giorno si allarga e coinvolge docenti dell’università e legali della società sportiva. Il procuratore capo di Perugia Raffaele Cantone ha aperto un’indagine per falso ideologico e rivelazione di segreto. Nel frattempo, non mancano le reazioni da parte del mondo dell’attivismo, con persone di tutta Italia che da anni si battono per ottenere una legge seria che disciplini con tempi congrui l’iter per la cittadinanza italiana. Iter reso ancora più complesso dall’approvazione dei Decreti Sicurezza voluti dall’ex ministro Matteo Salvini. Noi di TPI abbiamo raccolto alcune voci.

    Amin Nour di NIBI (Neri italiani Black italians)

    “Sono nato a Mogadiscio e sono arrivato in Italia a 4 anni. Ho fatto tutto il percorso scolastico fino all’università. Per vivere lavoro in mensa. Faccio l’attore e regista. Da ragazzino ero una promessa del Karate. Da sempre pago le tasse e tuttora sono ancora senza cittadinanza, sto aspettando i tempi burocratici. I tempi di attesa sono aumentati a 4 anni anche grazie ai decreti sicurezza. C’è una riforma ferma da mesi al Senato che mette al centro la cultura e la formazione per chi è nato o cresciuto qui, ed è lo Ius Culturae. Al centro della riforma c’è la scuola. Suarez ci insegna che sono cittadini di serie A e B. Ed è anche per questo che giovedì 24 alle ore 12:00 sarò in Senato in rappresentanza di NiBi, in conferenza stampa sullo ius culturae con il comitato “3 ottobre, legge di cittadinanza, Articolo 3 *.

    Ada Ugo Abara, attivista nera italiana ed esperta in cooperazione internazionale

    Inizialmente ero allibita dalla situazione, quando casualmente sono incappata nella notizia sul calcio mercato e sul fatto che dovessero fargli ottenere la cittadinanza per sfuggire ai limiti sul numero di extracomunitari assunti per giocare, ho pensato fosse impossibile perché l’attesa è di 4 anni. Ma quando ho sentito le interviste dei suoi legali che dicevano che per lui le condizioni c’erano, mi sono stranita. Mi sono chiesta come è possibile che per un giocatore ci si mobiliti in questo modo e come è possibile che la legge permetta uno spiraglio del genere, quando per tutte le persone che nascono e crescono in Italia i criteri sono rigidissimi, e non basta nemmeno avere tutti i requisiti per essere certi di accedere all’ottenimento.

    Una cosa importantissima da ricordare, infatti, è che secondo la Legge 91/1992, la cittadinanza non è un diritto, ma una concessione libera dello Stato. Io Ada posso avere tutti i requisiti ma vedermi comunque rifiutata la domanda senza una giustificazione, perché lo Stato non è tenuto a comunicarmi la ragione per cui non posso diventare cittadina italiana. Per poi accade che per un giocatore che non vive in Italia, non ne conosce le leggi, ci sia la certezza quasi assoluta di ottenere i documenti richiesti entro la fine di una sezione breve come il calciomercato. Quando sono uscite le prime notizie sulla durata dell’esame e sulle tempistiche, ho pensato come questo evento abbia messo in evidenza ancora di più dei meccanismi che sono in atto e sono meccanismi di esclusione.

    Abbiamo sempre sostenuto che della cittadinanza si parla solo per fare campagna elettorale e ottenere dei voti ma senza l’intento di risolvere la questione una volta per tutte. Lo Stato è passato dall’impiegare 2 anni per verificare i dati e i documenti delle persone che già vivono sul suo territorio a una legge che impone 4 anni minimi per questo procedimento (i decreti Salvini). Diverse persone avevano già quasi terminato l’iter dei 2 anni quando è arrivato il primo decreto sicurezza e oggi, quando chiamano la questura, le risposte che ricevono da questi uffici sono del tipo “la scadenza è di 4 anni e quindi ti risponderemo nei prossimi due anni”. I procedimenti sono praticamente congelati. A Suarez possiamo contestare la validità dell’esame che ha sostenuto, ma quella è l’unica irregolarità. Se lui effettivamente è sposato con un’italiana non possiamo contestare a lui il fatto che lo Stato sia stato incredibilmente celere a verificare i suoi requisiti. Il suo caso ci dimostra però che lo Stato può portare a termine tutti gli adempimenti e le verifiche necessarie nel giro di due settimane o comunque di pochi mesi, non certo 4 anni.

    Marwa Mahmoud, una delle fondatrici del movimento Italiani Senza Cittadinanza e consigliera comunale a Reggio Emilia

    La notizia del caso di questa cittadinanza ottenuta in così breve tempo ha suscitato in noi molta rabbia e indignazione come movimento: ci sono un milione di ragazzi e ragazze ancora senza cittadinanza italiana che devono aspettare 10 anni di residenza e 4 per legge secondo gli ultimi decreti sicurezza. Quando ieri abbiamo appreso della truffa, si aggiunta la beffa al danno. Ci auguriamo che anche in seguito al referendum che ha avuto esito positivo si apra una stagione di riforme, così come dichiarato da Zingaretti. Riforme volte al superamento dei decreti sicurezza e che contemplino la cittadinanza per i ragazzi che crescono in Italia. Non farlo, significherebbe non avere una visione reale della società. Parliamo di cittadini che non possono partecipare ai concorsi pubblici, non possono partecipare ai programmi Erasmus, non possono sostenere competizioni sportive indossando la maglia degli azzurri. Una serie di condizioni che fanno vivere una situazione di ingiustizia sociale.

    Paolo Barros, presidente di NIBI (Neri italiani Black italians)

    “Da anni ci dicono che non è il momento per lo ius culturae. Con Suarez abbiamo visto che quando si vuole bastano 15 giorni, per ragazzi a cui la cittadinanza fa la differenza servono anni. È ora di una seria discussione sulla riforma della cittadinanza, basta slogan, ci sono due milioni di ragazzi che aspettano da anni un loro diritto mentre a Suarez gli viene data in 15 giorni e non sa nemmeno dove sia l’Italia.

    Leggi anche: “Non sa una parola ma deve passare”: così si pilotava l’esame di italiano di Suarez. L’intercettazione

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