Strage di Nassiriya, l’ex generale Stano dovrà risarcire le famiglie
L’ex generale Bruno Stano, comandante della missione italiana in Iraq nel 2003, dovrà risarcire le famiglie dei caduti della Strage di Nassiriya. In quell’occasione, il 12 novembre, morirono 19 italiani, tra cui 12 carabinieri. Secondo la Corte di Cassazione, Stano è responsabile di aver “sottovalutato” l’allarme su un attentato “puntuale e prossimo” alla nostra base. Ma anche per la “complessiva insufficienza delle misure di sicurezza”.
Come racconta il sito dell’Arma dei carabinieri, il 12 novembre 2003 un’autocisterna blu irruppe nella Base Maestrale di Nassiriya. Era una delle due sedi dell’Operazione Antica Babilonia, la missione di pace italiana in Iraq, avviata qualche mese prima con la partecipazione di tremila uomini, 400 dei quali appartenenti all’Arma dei Carabinieri. L’autocisterna esplose all’interno della base.
Il carabiniere Andrea Filippa riuscì a uccidere i due attentatori suicidi, impedendo che il camion entrasse nella caserma, dove avrebbe provocato un numero di vittime ben più grande. Si è trattato del più grave attacco alle truppe italiane dalla fine della Seconda guerra mondiale.
Crollò gran parte dell’edificio principale, mentre fu gravemente danneggiata una seconda palazzina dove aveva sede il comando. I vetri delle finestre del complesso andarono in frantumi. Nel cortile davanti alla palazzina molti mezzi militari presero fuoco. In fiamme anche il deposito delle munizioni. Il bilancio fu devastante: 28 morti, dei quali 19 italiani, e fra questi dodici carabinieri.
La sentenza di Appello
Stano, nel 2003, quando si verificò la strage di Nassiriya, era comandante della missione italiana in Iraq e, stando a quanto affermato dalla Cassazione, avrebbe sottovalutato il pericolo in cui si trovavano i militari italiani e per questo era stato già condannato dalla Corte d’Appello di Roma, Prima sezione civile, a risarcire le famiglie delle vittime. Sentenza d’appello confermata, quindi.
Assoluzione confermata per il colonnello dei carabinieri Georg Di Pauli, oggi generale e all’epoca responsabile della base “Maestrale”. Di Pauli, secondo quanto emerso dai processi, prima in sede penale e poi civile, tentò di far salire il livello di guardia e di protezione ma dai superiori non ottenne le misure sperate.