Strage di Fidene, l’avvocato della ex moglie di Campiti: “Quando morì suo figlio non andò al funerale”
L’autore della strage di Fidene, l’ex assicuratore Claudio Campiti, era considerato “affidabilissimo” dagli istruttori del poligono di tiro in cui ha sottratto l’arma usata per uccidere tre persone domenica scorsa. Lo riporta Il Messaggero, secondo cui l’uomo non destava preoccupazione negli addetti del poligono, di cui era socio dal 2018. Campiti vi si recava quattro o cinque volte al mese e aveva ricevuto dal suo medico di base l’idoneità psico-attitudinale, oltre ad aver dimostrato la propria abilità con un’arma da fuoco. Il 9 novembre 2019 aveva colpito 30 bersagli su 30 colpi sparati.
Una fiducia che avrebbe consentito a Campiti di portare via l’arma senza varcare la soglia di tiro, lasciando solo la sua carta d’identità prima di risalire sulla sua auto e raggiungere il luogo della strage, distante un quarto d’ora in macchina. Il poligono, in viale Tor di Quinto, è stato posto sotto sequestro dalla procura.
Mentre continuano le indagini su come Campiti possa aver compiuto la strage, emergono anche dettagli riguardo la morte del figlio Romano, che ha perso la vita nel 2012 in un incidente sulle piste da sci della Val Pusteria, all’età di 14 anni. Secondo il legale dell’ex moglie di Campiti, l’uomo era un “padre assente” e non partecipò al funerale del figlio. L’avvocato era il padre del migliore amico di Romano e fece personalmente l’orazione funebre, “tant’è vero che tutti pensarono che fossi il padre”, ha detto in un’intervista a Il Messaggero.
“Mi ricordo questa scena molto triste: la sorellina più piccola era in braccio al portiere, perché il padre non c’era”, ha detto ricordando che all’epoca Campiti era di fatto separato dalla moglie, con cui ha due figlie. “Sia io che mio figlio avevamo pensato che il padre di Romano fosse morto. Poi, un giorno, ci disse che suo papà viveva a Firenze”, ha ricordato.