Sparatoria a Trieste: la fiaccolata in memoria dei poliziotti uccisi
Dopo la Sparatoria a Trieste, la città si raccoglie nel silenzio. “Quando Matteo mi ha detto che saremmo diventati vicini di casa ci siamo abbracciati. Facevamo sempre così, ci stringevamo forte forte, non pensavo sarebbe stata l’ultima volta”. Lorena è in piedi fuori dalla Questura di Trieste. Lì, a pochi metri da lei, nel cuore del palazzo, fiori e candele accompagnano le fotografie di Pierluigi Rotta e Matteo Demenego, i due poliziotti uccisi nel pomeriggio di venerdì 4 ottobre. I suoi amici.
Con lei c’è l’intera città, migliaia di persone che inondano le strade e la chiesa Beata Vergine del Rosario, dove l’arcivescovo Giampaolo Crepaldi officia la messa in loro ricordo.
Lorena cammina, si accende una sigaretta, abbraccia le amiche, sorride, piange. “Essendo tutti ragazzi del sud – spiega la ragazza – avevamo creato una bella famiglia, eravamo tutti uniti. Senza avvisarci ci trovavamo al mare o a qualche serata. Ricordo quando l’anno scoro mi rubarono il cellulare, la prima persona che chiamai fu Matteo. Mi aiutò a fare la denunce, restò tutto il giorno con me. Conoscevo anche Gigi, era riservato ma sapeva davvero farsi voler bene”.
Tra la folla, fuori dalla chiesa, il silenzio è rotto solo dagli applausi all’uscita dei famigliari di Matteo e Pierluigi, dietro, le istituzioni.
Ci sono il ministro Stefano Patuanelli e il vicepresidente della camera Ettore Rosato, seguiti anche dal governatore del Friuli Venezia Giulia Massimiliano Fedriga, dalla deputata Debora Seracchiani e dal sindaco Roberto Dipiazza, visibilmente segnato dal dolore.
In chiesa l’arcivescovo prega per i due poliziotti, fuori qualcuno distribuisce bastoncini di cera e lumini rossi.
Come quelli tra le mani di Martina, un’amica di Matteo Demenego a cui ha voluto dedicare poche, semplici, bellissime parole: “Voglio solo dirgli di continuare a ballare e a sorridere come ha sempre fatto”.
Intanto, la fiaccolata silenziosa brilla per i vicoli e le stradine. Nella serata di preghiera di ieri, non hanno trovato spazio le polemiche, la rabbia o le vuote speculazioni sui dubbi che restano su pochi dettagli della dinamica che ha portato la mano di Alejandro Augusto Stephan Meran, 29enne di origini domenicane, a sparare ai due giovani agenti.
La città ieri ha reso omaggio ai suoi poliziotti come una famiglia vera sa fare. Con rispetto e dignità, con amore. Un sentimento vero e spontaneo che ha coinvolto tutti.
Anche i bambini, tantissimi, che con le loro candele, strette tra le mani piccole e sicure, hanno illuminano la notte di Trieste.