Posta sui social ma non riceve like: adolescente si uccide
I social possono essere molto pericolosi, specialmente se il loro utilizzo non avviene in maniera adeguata. Una ricerca britannica della Royal Society for Public Health effettuata su un gruppo di giovani fra i 14 e i 24 anni sostiene che Instagram sia il social più deleterio per la salute mentale. Ma anche Snapchat risulta essere dannoso.
“È interessante notare che Instagram e Snapchat, i peggiori in classifica per il benessere e la salute, siano entrambe piattaforme che ruotano intorno all’immagine e sembra che possano condurre a sentimenti di inadeguatezza e ansia fra i più giovani” ha spiegato Shirley Cramer, amministratrice delegata della Royal Society.
E la storia di Ruby Seal potrebbe essere una testimonianza drammatica di questa teoria. La ragazza aveva appena 15 anni e nel silenzio di quel mondo virtuale si è uccisa. Trascorreva le sue giornate chiusa nella sua stanza di Carlisle, in Gran Bretagna.
La madre sostiene che Ruby Seal era convinta di non piacere alle persone e, a dire della donna, la causa di questo malessere è da ricercare nei social network.
Ruby Seal si è tolta la vita il 21 febbraio 2017, a ritrovare il corpo sono state le sorelle più piccole, che convivono ancora con quel trauma.
La madre ora è impegnata in una battaglia: attraverso una raccolta firme la donna vuole proporre una legge che vieti l’uso dei social ai ragazzi di età inferiore ai 16 anni.
“Sono sicura che se i social media non fossero esistiti Ruby sarebbe ancora con noi”, ha dichiarato la donna.
Julie, la madre 42enne di Ruby Seal, ha raccontato che la figlia passava le ore in camera e quando lei le chiedeva di uscire la figlia si rifiutava.
Preoccupata del comportamento della ragazzina, la donna aveva cambiato la password del wifi. Ma la 15enne era riuscita lo stesso a collegarsi con il 4G, finendo per far recapitare alla madre una bolletta da 200 sterline.
“L’avevo rimproverata e avevamo litigato” ha raccontato la madre.
La donna descrive la figlia adolescente come ossessionata dai like. La giovane non ricevendo i “like” sperati, si era convinta di non piacere a nessuno. Gli ultimi post della ragazza lasciavano presagire un qualcosa di preoccupante. Uno dei quesiti che aveva pubblicato recitava: “Cosa farei se fosse l’ultimo giorno della mia vita?”.
“Ruby da bambina era divertente, intelligente, spiritosa – ha raccontato Julie, la mamma, – poi le cose sono cambiate quando è cresciuta. Ha cominciato ad aver paura di non piacere alla gente e queste insicurezze hanno preso sempre più piede con l’uso dei social. È facile dire “togli il telefono a tua figlia”, ma non è così facile. Anche le piattaforme dei social devono assumersi le loro responsabilità. Nessun bambino deve perdere la vita perché ha preferito vivere in una vita virtuale e non in quella reale”.
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