C’è ancora chi sostiene che il Covid sia sovrastimato o addirittura che non esista nonostante gli oltre 68mila decessi registrati solo in Italia. Lo sa bene Eleonora che ha deciso di pubblicare su Facebook gli ultimi sms che si scambiava con la mamma, Lucia Cosimi, maestra elementare a Reggello (Firenze) morta di Coronavirus a 55 anni lo scorso 22 novembre. “Sono arrabbiata con i negazionisti e con quelli che abbassano la mascherina e con i loro comportamenti ci mettono a rischio. Ogni volta che ne incontro uno mi sembra un’offesa alla memoria della mia mamma”, scrive Eleonora nel suo post social.
“Come va?”, scrivevano i figli Elia (24 anni), Eleonora (21) e il marito Piero a Lucia Cosimi. E lei dal letto dell’ospedale Ponte a Niccheri a Firenze rispondeva: “Con l’ossigeno meglio, ma è dura”. E poi: “Stasera mi hanno dato un altro sciroppo per la tosse. Sono sempre attaccata all’ossigeno. Voi tutti bene?”. “Fatte le lastre, ora il polmone deve migliorare non è messo male”, scriveva ancora la madre ai figli. E al marito: “Ti amo”. Ma Lucia Cosimi pensava anche al suo lavoro nonostante fosse in ospedale ricoverata per Covid e si preoccupava della scuola nella quale insegnava come maestra: “Domattina senti la preside se l’ospedale mi deve fare il certificato”, scriveva al marito.
La figlia Eleonora ha pubblicato queste conversazioni su Facebook e nel post aggiunge: “Aveva 55 anni. Lucia lascia un marito della stessa età e due figli, di 24 e 21 anni. Lucia stava bene poche settimane fa, quando, come ogni giorno, l’ho chiamata al telefono. Erano giorni che tossiva ininterrottamente. Mi ha detto:”Tesoro, scusami, ci sentiamo quando mi passa questa tosse”. La nostra mamma non ce l’ha fatta. La nostra mamma è stata portata via con un’ambulanza il 6 novembre. Qualche giorno con il casco. Eravamo preoccupati, senza dubbio, ma sereni. La nostra mamma non aveva alcuna malattia pregressa. La nostra mamma stava bene. La nostra mamma aveva 55 anni. Questi sono i messaggi che è riuscita a scambiarsi con noi quando aveva il casco. Cioè, quando aveva il casco e vedeva molto male la tastiera del telefono. Un giorno è stata intubata“.
“Eravamo positivi: faremo tutto quello che bisognerà fare, aspetteremo tutto il tempo che bisognerà aspettare – racconta ancora Eleonora – Dopo dieci giorni la tragica chiamata dall’ospedale: ci vuole un miracolo. Le fanno una terapia sperimentale, bisogna crederci e mandarle tanta forza, “il gioco di squadra di solito funziona” mi dice una dottoressa. È così. Migliora. Il primario è entusiasta, lo sono anche gli anestesisti, “che sono sempre i più cauti”. La mattina di due giorni dopo chiamo il mio babbo, come sempre. Siamo felicissimi. Attacco, e mentre lo faccio penso:”Che cavolo però.. Aspettare le due per avere buone notizie è un po’ una noia”. L’ospedale chiama sempre di primo pomeriggio, una volta al giorno. Dopo 15 minuti ci chiamano il primario e l’ospedale. La nostra mamma ha avuto un tracollo nella notte. È morta“.
“La ragione di questo post non è la nostra mamma. La nostra mamma che non doveva morire, la nostra mamma che poco più di un mese fa stava bene, la nostra mamma che era la persona più dolce del mondo, la nostra mamma che è morta a poco tempo dal vaccino, la nostra mamma che in quei tre giorni che non era sedata aveva diffuso così tanto amore che per tutti era “La Maestrina”, la nostra mamma che piangono anche i medici, la nostra mamma sulla cui bara, gli stessi, hanno messo delle luci. La nostra mamma che non può lasciare alcun vuoto, tanto ci ha riempiti. La nostra mamma che non ha mai dato solo a noi tre. Il motivo è un altro: è l’uomo agitato in fila alla motorizzazione. Si mette la mascherina sotto il naso, sbuffa, se la sposta sul mento, sbuffa ancora, si muove nella stanza, allarga le braccia, soffia. Mi giro verso di lui, lo fisso. Non sono riuscita a dire niente, tanta era la rabbia. Dei negazionisti poi non me ne è mai fregato niente, tempo ed energie persi. Però leggere e sentire tanti contro il vaccino, non lo accetto. Non lo accetto e vi chiedo aiuto. Per favore, manteniamo alta l’attenzione, anche se siamo stufi delle distanze, delle limitazioni. Ci si ammala anche seguendo le regole”. Eleonora era in coda alla motorizzazione per cambiare l’intestatario dell’auto della sua mamma.