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    Cos’è la sindrome del bambino scosso: quali sono i rischi e come evitarla

    A Padova un bambino di 5 mesi è finito in coma dopo che la madre lo aveva scosso violentemente. Il fenomeno è molto sottovalutato

    Di Anna Ditta
    Pubblicato il 26 Dic. 2019 alle 14:44 Aggiornato il 26 Dic. 2019 alle 14:50

    Cos’è la sindrome del bambino scosso: quali sono i rischi e come evitarla

    La sindrome del bimbo scosso (‘shaken baby syndrome’) è la conseguenza di una forma di maltrattamento molto sottovalutata, ma che può provocare seri danni cerebrali e neurologici, nonché la morte, nei bambini fino ai tre anni. Della sindrome si è tornato a parlare di recente per il caso del bambino di 5 mesi finito in coma sabato scorso e ricoverato nel reparto di terapia intensiva pediatrica dell’Ospedale di Padova, dopo che la madre lo aveva scosso violentemente.

    Le condizioni del bambino sono molto gravi ma stabili. Una Angiotac disposta dai medici della terapia intensiva di Padova ha rilevato che il flusso sanguigno sta ancora irrorando il cervello del piccolo. La madre del bambino, una 29enne originaria di Vicenza che vive a Mestrino con la famiglia, è indagata per lesioni gravissime aggravate. Davanti ai carabinieri e al pm Roberto Piccione ha ammesso di essere stata lei a scuotere violentemente il piccolo: “Il bambino non dormiva da almeno due ore e mezza, l’ho scosso violentemente”, ha detto.

    Domani due medici legali consulenti della procura, il dottor Raffaele De Caro e Andrea Porzionato, faranno un accertamento sul bambino per comprendere se si tratti a pieno titolo di un caso si , sindrome del bimbo scosso. Secondo l’avvocato che difende la madre, lei non si sarebbe resa conto di quello che stava facendo. Un black-out di pochi secondi l’avrebbe resa incosciente, e la donna si sarebbe ripresa solo qualche secondo dopo aver appoggiato il piccolo sul lettino. È stata lei stessa a chiamare il 118.

    Ma cos’è la sindrome del bimbo scosso e quali sono i rischi e le cause? Si tratta di una forma di maltrattamento nella maggior parte dei casi operata da un genitore, e può essere volontaria o dettata dall’ignoranza dei rischi che corre il bambino.

    Durante i primi mesi di vita, i muscoli cervicali del collo dei neonati sono ancora deboli e non riescono a sostenere la testa. Quindi se un bambino viene scosso con forza, il cervello si muove liberamente all’interno del cranio, provocando ecchimosi, gonfiore e sanguinamento dei tessuti. Ciò determina lesioni cerebrali molto serie, che possono portare anche al coma e alla morte del bambino.

    La sindrome si verifica entro i due o tre anni ma soprattutto nei primi sei mesi di vita. Il pianto continuo, motivato dalle coliche o da altre ragioni, è spesso una delle principali “micce” che innescano il comportamento di uno dei genitori, che possono arrivare a scuotere i figli con violenza.

    Nei casi più frequenti, infatti, è solo l’esasperazione di genitori inconsapevoli a spingerli a compiere questo scuotimento violento. Tuttavia ci sono anche altri fattori di rischio che potrebbero aumentare la probabilità di questa sindrome. Tali fattori sono: giovane età della mamma, stato depressivo, disagio socio-economico, utilizzo di sostanze d’abuso, basso livello culturale, precedenti episodi di maltrattamenti in famiglia.

    Le normali attività di gioco come far saltellare un lattante sulle ginocchia o sollevarlo in aria non possono causare lesioni, tuttavia è importante, che i genitori e chi si prende cura dei bambini sappiano quanto uno scuotimento più vigoroso del capo possa essere pericoloso.

    Per evitare che si verifichi questa sindrome è fondamentale la prevenzione: bisogna sapere che un bambino piccolo è molto delicato ed evitare di avere queste reazioni sbagliate nel caso in cui pianga inconsolabilmente. Il pianto è l’unico modo che i bambini hanno di esprimersi e che possono farlo perché hanno fame, hanno freddo o caldo, hanno bisogno di essere cambiati o perché hanno le coliche.

    È importante quindi che i genitori cerchino di farlo calmare in altri modi. I pediatri devono fornire consigli ai genitori su cosa fare in caso di pianto inconsolabile e su come gestire il proprio stress. Nel caso in cui il genitore non riesca a controllarsi, la cosa migliore da fare è lasciare il bambino in un posto sicuro e allontanarsi finché non si è riacquistato un certo equilibrio, oppure affidarlo temporaneamente alle cure di altri familiari.

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