“Chiediamo di istituire una commissione d’inchiesta sulle ragioni di tutte queste morti tra i medici. C’è qualcosa nel sistema non funziona”. A dirlo a TPI è Pina Onotri, Segretario Nazionale Sindacato Medici Italiani (Smi). Onotri ieri ha inviato una lettera al premier Giuseppe Conte per chiedere un intervento mirato rispetto alle morti dei medici causate dalla pandemia di Covid-19. Smi denuncia la tragedia di “259 medici morti in Italia, il numero più grande in Europa”, e ad oggi il numero è arrivato a 262. Nella sua intervista a TPI Onotri critica inoltre il bando lanciato dal commissario Arcuri per il personale medico-sanitario necessario alla campagna di vaccinazioni anti-Covid. “Il bando di Arcuri ci fa capire ancora una volta che sul sistema sanitario non c’è volontà di investimento”, dice. “Le Agenzie di intermediazione ovviamente andranno pagate, e questi fondi potevano essere utilizzati per potenziare il Ssn. Ma il lavoro medico non deve essere esternalizzato”.
Perché si fa ricorso a delle Agenzie di intermediazione che ovviamente vanno pagate con dei fondi che potevano essere utilizzati per fare altro. Ma noi non siamo d’accordo a livello concettuale: il lavoro medico non deve essere esternalizzato. Il bando di Arcuri ci fa capire ancora una volta che sul sistema sanitario non c’è volontà di investimento, infatti solo il 4 per cento dei fondi del Recovery Plan vengono investiti in sanità e non si ha intenzione di strutturare gli organici in sanità. Le agenzie assumerebbero lavoratori usa e getta, dopo due mesi li manderebbero via, senza alcun Tfr, assicurazioni, lavandosene le mani. Questo dà un senso di precarietà enorme, e soprattutto non c’è una soluzione strutturale, si continua a lavorare nell’emergenza.
Le soluzioni strutturali richiedono per definizione più tempo e più fondi.
Richiederebbero l’assunzione di medici direttamente da parte del Sistema sanitario, ministeri, Regioni ed Asl, secondo i contratti collettivi di lavoro, o secondo i contratti della convenzione, in maniera chiara rispetto al fabbisogno. Oggi siamo carenti di tutto, perché non si è investito sulle specializzazioni e sulla formazione della medicina generale.
Per questo dobbiamo raccattare personale a destra e a manca, inclusi medici pensionati, mentre ci sono 10mila giovani medici che aspettano di essere specializzati o formati e si trovano chiusi nell’imbuto formativo. Questo grida vendetta. Non possono prestare la propria opera per il Ssn perché non sono specializzati, poi invece un’agenzia interinale li può assumere per conto dello Stato? Non può funzionare così.
Non c’è il rischio che la procedura delle assunzioni affidata a Regioni e Asl porti a un sovraccarico di lavoro e a possibili ritardi con la partenza della campagna vaccinale?
Per quanto riguarda la medicina convenzionata, esistono delle graduatorie di merito presso le Regioni e le Asl. Sono medici che stanno in graduatoria, che hanno fatto il loro percorso di studi e hanno acquisito un punteggio. Fino a poco tempo fa funzionavano benissimo. Per quanto riguarda invece i dirigenti, c’erano i cosidetti avvisi pubblici, a tempo determinato o indeterminato.
Erano procedure molto più snelle rispetto ai concorsi. Perché non si sono utilizzate? È come se si volesse frapporre tra il Ssn e i professionisti una sorta di barriera, rappresentata da un soggetto terzo, che ha i rapporti giuridico-contrattuali col professionista. Ma ridurre i medici a prestatori di manodopera non è un bel segnale.
Lei oggi (ieri,ndr) ha scritto al presidente del Consiglio denunciando l’elevato numero dei medici morti per Covid in Italia. A cosa è dovuto questo dato?
Riteniamo che ancora debbano essere messe in atto tutte le procedure per la sicurezza degli operatori. Mi devono spiegare, ad esempio, perché i medici che lavorano nelle Usca, le unità speciali di Guardia Medica che si occupano dei casi Covid a domicilio, oppure i medici che lavorano nei reparti infettivologici, si ammalano meno rispetto a tutti gli altri.
Evidentemente, il resto dei medici rimane ancora oggi sprovvisto di tutti i mezzi di protezione. È come se ci mandassero sulle impalcature senza le necessarie imbracature. È un problema di sistema, non è fatalità o caso. Qualcosa che non va c’è: bisogna controllare che i dpi che circolano in giro siano idonei e che tutte le procedure di sicurezza indicate siano messe in atto. A me sembra di no.
A cosa si riferisce?
Nella prima fase dell’epidemia i medici convenzionati non hanno ricevuto neanche una mascherina. Ora che ci hanno imposto di fare i tamponi, le posso dire che i dispositivi che ci sono stati dati sono nettamente insufficienti rispetto al numero di operatori e rispetto alle persone da testare, e non rispondono neanche ai requisiti che sono stati individuati nelle linee guida dell’Istituto superiore di Sanità.
Pensa che ci saranno altri morti?
Sicuramente sì.
Nella sua lettera a Conte lei fa riferimento anche al rischio di campagne denigratorie nei confronti dei medici.
Sì, è successo, ad esempio, quando abbiamo detto che non era possibile effettuare i tamponi nei nostri studi. I fatti ci hanno dato ragione, perché molti di noi sono stati diffidati dagli amministratori di condominio. È anche la stessa normativa a darci ragione. Io sto nella Regione Lazio, che ha dato la possibilità ai laboratori privati accreditati di fare i tamponi.
Per farlo, i laboratori hanno dovuto ottenere delle certificazioni molto stringenti su requisiti quali la separazione dei percorsi, lo stoccaggio dei rifiuti e una serie di norme di sicurezza. Quello che vale per i laboratori accreditati non vale per i medici di famiglia: ci è stato detto che basta un’autocertificazione, ma nessuno dei nostri studi è a norma per il contenimento del rischio biologico. Il metodo più sicuro restano i drive-in all’aperto. Eppure noi medici di famiglia siamo stati tacciati come quelli che non volevano fare i tamponi o andare a casa dei pazienti Covid.
Qual è la verità?
I nostri studi sono aperti, eseguiamo vaccini e visitiamo i pazienti. I nostri studi sono aperti, e per far entrare i pazienti non chiediamo l’effettuazione dei tamponi come invece avviene in ospedale o negli ambulatori delle Asl. I medici si ammalano pure per questo. Ma un conto è ammalarsi per lo svolgimento della propria attività quotidiana, un conto è per il singolo medico andare da un paziente Covid, vestirsi da solo, svestirsi da solo e tornare a visitare gli altri pazienti. Aggiungo che le eccezioni che abbiamo sollevato vanno a tutelare non solo noi, ma anche tutti i nostri pazienti.
Quali sono le vostre richieste più urgenti al governo?
La prima è di istituire una commissione d’inchiesta sulle ragioni di tutte queste morti tra i medici. Secondo noi indicano che qualcosa nel sistema non funziona. Non è accettabile che non si ponga riparo a qualcosa del genere. Siamo lavoratori come gli altri, abbiamo diritto alle tutele sul lavoro. La seconda è che si preveda un’assicurazione per infortunio e un indennizzo in caso di morte anche per i medici convenzionati.
Ad oggi dicono che non ne abbiamo diritto perché siamo liberi professionisti, ma poi siamo destinatari di ordini di servizio, come l’obbligo di fare i tamponi o di essere a disposizione 7 giorni su 7 per 12 ore al giorno. A nessun altro medico viene chiesto questo, anche perché è impensabile essere sempre attivi senza un attimo di ricarica. Infine siamo preoccupati per queste vacanze natalizie, perché con le riaperture ci aspettiamo la terza ondata. E se questa va com’è andata la prima e la seconda non siamo ottimisti.
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