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    “Pestaggi in carcere? Non sono schegge impazzite, sistema induce alla degenerazione”: parla il sindacato della polizia Penitenziaria

    Credit: Frame del video esclusivo del quotidiano Domani
    Di Lara Tomasetta
    Pubblicato il 1 Lug. 2021 alle 16:34 Aggiornato il 1 Lug. 2021 alle 17:04

    “Sono stati giorni terribili, i familiari ci chiamavano giorno e notte”, Pietro Ioia, garante dei detenuti di Napoli, ricorda in questo modo i giorni che seguirono quel 6 aprile 2020, in cui nel carcere di Santa Maria Capua Vetere si consumò quella che i detenuti definiscono “una mattanza”. “I problemi nelle carceri ci sono sempre stati, ma qui stiamo parlando di detenuti che avevano fatto un accenno di rivolta, sono stati picchiati senza pietà. – ricorda Ioia – Durante quel periodo c’era agitazione pure nel carcere di Secondigliano, ma non successe tutto questo”.

    “Abbiamo fiducia nella magistratura, ma quelle sono immagini agghiaccianti. Conosco quel metodo, l’ho subito sulla mia pelle”, prosegue Ioia che ricorda il suo passato da detenuto.  “In carcere bisogna tenere gli occhi aperti, ma voglio comunque ricordare che parliamo ancora di mele marce, la stragrande maggioranza delle guardie è composta da persone che fanno un lavoro sodo con diligenza. Lavorano in condizioni difficili e ormai una riforma della giustizia sia della penitenziaria sia inevitabile, perché oggi ci troviamo di fronte a un fatto senza precedenti. Questa è la punta dell’iceberg”.

    Dello stesso avviso sembra essere Gennarino De Fazio, Segretario Generale del sindacato Uilpa della Polizia Penitenziaria che a TPI commenta le immagini riproposte dai video del quotidiano Domani. “Credo che, al di là della violenza di quella di quelle immagini che possono essere esplicite, riprendono una parte di quello che accaduto, noi non sappiamo tutto quello che è successo prima o dopo. Con questo non voglio sminuirne la gravità; è chiaro che lì qualcosa è successo che non doveva succedere. Partirei però non dall’ultimo anello, ossia da chi ha compiuto materialmente le violenze, ma dall’organizzazione complessiva”.

    Secondo De Fazio, “il fatto stesso che tra loro ci sia il provveditore regionale, persona ritenuta illuminata rispetto alle politiche penitenziarie, la dice lunga su quello che può essere il tipo di organizzazione dell’amministrazione penitenziaria. Santa Maria C.V. è solo l’ultimo di altri episodi eclatanti. Allora – posto che qualcosa sia successo effettivamente – non si può neanche parlare di schegge impazzite o di persone servitori dello Stato che deliberatamente pensano di produrre quel tipo di reati. Probabilmente è un sistema che non funziona, che induce alla degenerazione; non va sottaciuto peraltro che la polizia penitenziaria subisce in media due aggressioni al giorno, ma questo ovviamente non giustifica simili comportamenti”.

    “In un sistema in cui la violenza viene accettata e compresa come parte del sistema, senza che lo Stato intervenga, allora forse qualcuno viene portato a pensare che il carcere sia un territorio a sé. Che forse la violenza è ammessa. Probabilmente chi ha commesso quegli errori credeva di essere nel giusto, non so spiegare come sia successo questo con le telecamere. Certo è che il sistema non funziona, bisogna ripensare l’amministrazione penitenziaria e anche l’architettura del corpo di polizia penitenziaria. Chi ha sbagliato va isolato e perseguito”, conclude De Fazio.

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