Umiliavano, offendevano e deridevano le loro vittime sui social, poi le attiravano con minacce o inganni in luoghi appartati di Siena e le aggredivano fisicamente e verbalmente. Il tutto filmato col telefono da una o più componenti del gruppo. Dieci studentesse, tra i 14 e i 15 anni, sono state indagate per atti criminali commessi contro le loro giovani coetanee. Una vera e propria banda al femminile, composta da ragazzine, con una leader quindicenne, che aveva creato una chat WhatsApp denominata “baby gang”, dove venivano postati anche i video delle aggressioni perpetrate annientando la reputazione delle vittime prescelte e accrescendo, allo stesso tempo, la forza intimidatrice del gruppo. Le giovani sono state sottoposte a perquisizioni personali e domiciliari dalla polizia su delega della procura presso il tribunale per i Minorenni di Firenze.
Le aggressioni, almeno una decina, sono state compiute tra il 27 giugno 2020 e il 19 febbraio 2022 ed evidenziano come il modus operandi fosse sempre lo stesso. Le giovani vittime venivano affrontate dalla leader della baby gang femminile, spalleggiata e coadiuvata dalle altre, che le riprendevano mentre subivano le loro vessazioni, per poi divulgare le immagini o i video sui social. I luoghi prescelti per le violenze erano quasi tutti nel centro di Siena oltre a un’area industriale dismessa di Taverne d’Arbia, a pochi chilometri dal capoluogo.
Le indagini sono state condotte dagli investigatori della Squadra Mobile della Questura di Siena e sono iniziate alla fine di dicembre 2021, a seguito della denuncia, presentata da una delle vittime, per le aggressioni subite nell’aprile e nell’ottobre 2021. I successivi approfondimenti, svolti documentando quanto riferito da vittime e da testimoni, e monitorando i social web network, hanno consentito di ottenere elementi per l’identificazione delle appartenenti al gruppo criminale, che risulta tutto femminile. La banda è andata, peraltro, ‘arricchendosi’ nel tempo di nuovi elementi, così come emerso da alcuni video analizzati dai poliziotti. Gli investigatori hanno anche riscontrato che alcune persecutrici sono diventate, a loro volta, vittime, nel momento in cui avrebbero deciso di prendere le distanze dalle condotte illecite.