Una grave situazione di siccità sta colpendo il territorio italiano. Il Po tocca i livelli più bassi da oltre 70 anni e in Piemonte inizia a svanire anche la speranza per le colture: senza piogge il Vercellese non riuscirà ad andare oltre la prima settimana di luglio e dovrà dire addio al riso per quest’anno. L’Emilia-Romagna annuncia una cabina di regia per discutere dell’emergenza. Il governo sta prendendo atto della situazione e nei prossimi giorni è atteso un decreto per affrontare l’allarme. Domani ci sarà la Conferenza Stato-Regioni a cui parteciperà anche il capo della Protezione Civile Fabrizio Curcio. Nel decreto del governo Draghi, chiesto ieri anche da Matteo Salvini e atteso per la fine di giugno, dovrebbero finire le prime misure per la riduzione degli sprechi. Come un razionamento dell’acqua che potrebbe portare anche a uno stop alla distribuzione durante la notte.
La situazione è senz’altro emergenziale, ma non nuova. Lo confermano gli esperti che puntano il dito contro la mancanza di prevenzione: “Nel 2017 eravamo in una situazione simile; abbiamo fatto le stesse interviste, detto le stesse cose, suggerito le stesse strategie e adesso, 5 anni dopo, ci ritroviamo a parlare delle stesse cose, quindi sappiamo già come andrà a finire: alla prima pioggia che metterà una pezza sulla situazione torneremo a parlare d’altro. Non c’è verso di far diventare il tema clima prioritario”, dice il meteorologo, climatologo e divulgatore scientifico Luca Mercalli a TPI. “Tutto questo non dovrebbe più essere una sorpresa: è tutto detto e scritto da anni. Nei cassetti giace dal 2014 la strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, era già tutto previsto ma nessuno ha fatto niente. Bisogna occuparsi di acqua non in emergenza, ma come pianificazione in tempo di abbondanza. Le opere idrauliche necessarie per l’acqua sono tutte pesanti dal punto di vista infrastrutturale”, prosegue l’esperto.
Questo governo, come i precedenti, non ha adottato le misure necessarie per prevenire catastrofi simili: “Da 50 anni sappiamo cosa va fatto, chi lavora nel settore lo ha già detto alla politica centinaia di volte, ha la nausea”, spiega ancora Mercalli. “Andavano rifatte le reti, abbiamo acquedotti vecchi che vanno sistemati: in media quasi metà dell’acqua che viene estratta dalle fonti si perde per strada con una media di perdita italiana del 42%, al sud si arriva anche al 75%. Va inoltre detto che se avessimo messo da parte l’acqua quando ne avevamo in abbondanza non ci saremmo trovati in questa situazione. Bisogna fare nuovi invasi d’acqua, grandi e piccoli. Infine, andrebbe introdotta nella normativa edilizia un obbligo, dove possibile, di installazione di cisterne per la raccolta dell’acqua piovana. Perché queste azioni non vengono messe in pratica? C’è sempre una priorità più popolare”.
Secondo il meteorologo Mario Tozzi, “oggi da noi forse la causa più importante è l’uso improprio dell’acqua. I fiumi muoiono perché sono stati sbarrati migliaia di volte: al di là delle dighe che servono per produrre energia elettrica, molte volte gli sbarramenti sono stati fatti per cercare di contenere le piene, per ragioni di disciplina ingegneristica che con la natura non hanno niente a che fare. Un fiume più lo lasci in pace e meno danni fa, noi invece li abbiamo irregimentati e trattati come canali, ma il fiume non è un canale, ha bisogno dell’interscambio con il territorio e con le falde profonde. Non è solo che non piove: è che le falde non si sono rimpinguate, spesso il fiume traccia la sua alimentazione dalle falde profonde, cioè le drena, altre volte le alimenta, ma certamente non dipende dalla piogge, o almeno dipende secondariamente”.
Il cambiamento climatico ha accelerato notevolmente il processo catastrofico. Lo spiega Mario Tozzi: “Le piogge non sono più distribuite lungo tutto l’anno – oggi si rischia di avere i 970 mm di pioggia all’anno cui eravamo abituati un tempo concentrati in sole due o tre tornate di pioggia. L’eccesso di calore si concentra in precipitazioni a carattere violento ma discontinue. Anche il ciclo dell’acqua in questo modo si altera: con tassi maggiori di evaporazione l’acqua risiede con più difficoltà sulla terra o sottoterra ma tende a evaporare più facilmente”.
Secondo Tozzi,”il fatto che abbiamo un anticiclone africano così fermo sulle nostre zone per settimane è una conseguenza anch’esso di un cambiamento climatico in atto: una volta poteva essere un fatto eccezionale, ora ci dobbiamo rassegnare all’idea che saranno sempre più frequenti queste situazioni”. E secondo le previsioni dell’esperto, questa “sarà l’estate del fuoco e della sabbia: l’era del fuoco si è aperta l’anno scorso con gli incendi in Siberia, in Australia, in Amazzonia, in tutto il Mediterraneo: è tutto più secco, l’innesco è più facile, la propagazione è più veloce”.
“Agire sulle cause” – afferma Tozzi – “da un lato, azzerare le emissioni clima-alteranti per frenare l’impatto climatico; dall’altro agire sulla conservazione delle acque: siamo diventati il Paese del kiwi rosso, di colture che non sono autoctone e hanno bisogno di tantissima acqua. È l’acqua occulta che ci frega: quella che sta dentro coltivazioni particolari, o dentro la produzione di carne, di vino, di magliette, di chip di silicio. Quell’acqua lì non la conta nessuno, e invece va contata”.
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