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    Sfida allo stigma clinico dell’obesità: cosa dicono i sondaggi sul rapporto degli italiani con la patologia

    Di Redazione TPI
    Pubblicato il 6 Apr. 2023 alle 12:13

    L’obesità rappresenta oggi una priorità per il nostro Servizio Sanitario Nazionale. I numeri parlano chiaro: in Europa, il 53% della popolazione ha un indice di massa corporea superiore alla norma e il 17% è obeso. Per quanto riguarda il nostro Paese, l’obesità interessa l’11% della popolazione, percentuale che sale al 18% negli adolescenti.

    E sono proprio i numeri relativi ai bambini e ai giovanissimi a non confortare. Stando ai dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, nel 2020 erano in sovrappeso o obesi circa 39 milioni di bambini: condizioni dalla portata epidemica, che spaventano soprattutto per le conseguenze sulla salute degli adulti di domani, predisponendo a un maggior rischio di malattie cardiache, diabete, patologie oncologiche e altre cronicità.

    Le disuguaglianze sanitarie minacciano i progressi compiuti fino ad oggi aumentando il divario di equità, ma sarebbero prevedibili attuando strategie che pongono maggiore attenzione verso i gruppi più vulnerabili ed emarginati.

    Il nuovo rapporto World Obesity Atlas della World Obesity Federation, pubblicato in occasione della Giornata mondiale dell’obesità, mette a luce che, in base alle tendenze attuali, entro il 2035 il 51% della popolazione mondiale vivrà in sovrappeso o in obesità.

    La multinazionale Americana Allurion, leader nella perdita di peso racconta tramite un sondaggio commissionato a YouGov la percezione che gli italiani hanno sul sovrappeso, obesità e rischi di una scorretta alimentazione.

    La quasi totalità degli italiani, il 95% è consapevole che l’obesità ha un impatto non solo a livello fisico, ma anche mentale, il 95% è consapevole che l’obesità sia un fattore di rischio per altre malattie, tra cui il diabete. Siamo convinti che il problema sia principalmente legato alla familiarità e non conosciamo la differenza tra sovrappeso e obesità.

    Per l’83% degli italiani l’obesità̀ dovrebbe essere considerata una malattia. Rispetto agli altri paesi

    indagati siamo meno preparati e informati su cosa fare in caso di obesità̀ : il 75% indica un consulto con un nutrizionista come unica soluzione, segue un consulto endocrinologo per il 39%, siamo molto meno informati rispetto a tutti gli altri paesi indagati.

     l 72% degli Italiani pensa che nel nostro paese la discriminazione legata al peso sia più rilevante rispetto al passato e che in questo senso media e social media abbiano una notevole responsabilità.

    Per il 69% dei nostri connazionali il sovrappeso può portare ad un isolamento dal resto della società e difficoltà nell’avere relazioni affettive. Per il 60% è causa di atti di bullismo. Per il 61% degli italiani l’essere in sovrappeso o obesi comporta disparità nel mondo del lavoro, può causare difficoltà nel trovare un impiego e si riflette in salari più bassi.

    Le persone in sovrappeso oggi chiedono un aiuto importante ai social media responsabili di una negativa percezione della malattia: prima di tutto sono richieste attività di divulgazione da account istituzionali soprattutto su Facebook (48% degli italiani), mentre su Instagram il 37% degli interrogati si aspetta campagne di sensibilizzazione da parte di influencers.

    In generale semplicemente dare maggiore visibilità nei social a persone obese o sovrappeso può aiutare a combattere questo stigma (complessivamente lo pensa il 40% – a prescindere dal social networ.

    Le malattie metaboliche sono aumentate negli ultimi 20 anni, un problema che preoccupa gli esperti. I casi di diabete di tipo 2 sono cresciuti a un tasso annuo di oltre 1,5% tra il 2000 e il 2019, anno in cui l’obesità e l’ipercolesterolemia hanno ucciso rispettivamente 5 e 4,3 milioni di persone.

    I dati sono stati diffusi in uno studio pubblicato su Cell Metabolism, primo autore Nicholas Chew, cardiologo al National University Heart Centre di Singapore, che ha stimato con i colleghi prevalenza, decessi e anni di vita aggiustati per disabilità (DALY) dal 2000 al 2019 per malattie metaboliche come il diabete mellito tipo 2 (T2DM), l’obesità l’ipertensione e la steatosi epatica non alcolica [NAFLD]).

     

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