“Il centro della Sicilia è ormai diventato la pattumiera di una Italia che pensa soltanto alle città metropolitane e alle zone costiere”. Il geologo Angelo La Rosa, ex assessore di Serradifalco (Caltanissetta) non usa mezzi termini per raccontare quello che è accaduto nella zona interna dell’isola, dove sono stati preselezionati 3 siti da parte della Sogin – la società di Stato incaricata dal governo per il “decommissioning nucleare” e per la realizzazione del deposito per le scorie radioattive.
L’ennesimo “no” che si accoda a quello di altri comuni italiani, spaventati, per i quali l’azienda avvierà una campagna di informazione, per poi decidere il da farsi. La protesta del geologo siciliano, che segue quelle delle associazioni ambientaliste e della stessa regione Sicilia arriva perché i siti selezionati come depositi di scorie nucleari, seppur in fascia “D” (la fascia definita “meno predisposta alla realizzazione del deposito” rispetto alle altre) piangono ancora le conseguenze di anni di speculazioni industriali che hanno portato tumori e malformazioni.
Uno dei luoghi prescelti dalla Sogin per la costruzione del deposito tra i 67 selezionati in Italia, tra i 3 in Sicilia, è infatti in territorio di Butera, nella Piana di Gela, a pochi chilometri dal polo petrolchimico (adesso convertito in bio-raffineria) sotto processo per i tanti casi di malformazioni nella cittadina che oggi vanta il triste primato di terra con più malformazioni in Europa. Filippo Balbo, primo cittadino di Butera, è uno dei primi ad essersi intestato la battaglia contro il nucleare, che andrebbe a colpire anche Riesi, paese confinante, Licata e la stessa Gela. Proprio quest’ultima città ha segnato la vita del primo cittadino, pediatra, che ha visto centinaia di malformazioni nei bambini negli anni del suo lavoro: “Abbiamo per anni subito l’inquinamento del polo petrolchimico e lo subiremo ancora per lungo tempo – spiega il primo cittadino – adesso si pensa di portare qui le scorie nucleari ma noi non abbiamo alcuna intenzione di concedere nulla e insieme con la Regione e con i sindaci degli altri paesi ci siamo opposti e ci opporremo con tutte le forze. Non è questo il futuro della nostra costa”.
Negli ultimi anni infatti la costa che lambisce il polo petrolchimico, dopo 60 anni di fumi e industria, sta cercando di riprendersi il territorio con uno sviluppo che ha portato alla nascita di diversi villaggi turistici e a un incremento dei turisti che alternano il borgo al mare: “La cosa più incredibile – continua Balbo – è che siamo venuti a conoscenza di questa storia dalla stampa e nessuno ci ha avvertito prima delle intenzioni. Non è questo il futuro per la provincia di Caltanissetta e per Butera. Nel nostro territorio, mentre noi pensiamo al turismo, si pensa a provocare ancora danni. Nel luogo preselezionato oggi ci sono alcune delle migliori cantine della Sicilia e dell’Italia, si coltiva uva di qualità, pesche, olive. Chi ha fatto questa scelta sicuramente non è mai stato a Butera, noi ci opporremo con tutti i mezzi a questa scelta scellerata”.
Il primo cittadino, pediatra che ha lavorato a Gela, non concede alcuno spiraglio a dubbi nella sua decisione: “A Gela ho visto per anni bambini con malformazioni di ogni tipo con i miei occhi e non voglio pensare ad ulteriori danni per il territorio”. Il sito oltretutto è stato inserito nella categoria D per le sue problematiche legate anche alla subsidenza e all’impatto che avrebbe sul territorio. “Alla fine non verrà scelto perché tutti si stanno opponendo – spiega il geologo La Rosa – ma questa è la prova che quando si pensa al punto in cui creare discariche, si pensa al centro della Sicilia. La stessa Regione che si sta battendo per interessi elettorali nella difesa contro le scorie nucleari, ha scelto comunque la provincia di Caltanissetta per interrare l’amianto, le ex miniere e le cave abbandonate del nisseno che già danni hanno causato e continuano a causare sono state selezionate per diventare delle discariche”.
Il rischio nuove malformazioni e nuovi casi di tumori in un territorio che deve fare i conti con le attività industriali dismesse dopo aver sfruttato la zona è ancora presente e la provincia di Caltanissetta, ai vertici per emigrazione all’estero o al Nord dell’Italia, si ribella, cercando di salvare l’agricoltura e il turismo, le unici direzioni che rappresentano il futuro per le popolazioni della zona che hanno scelto di voltare le spalle a fabbriche e raffinerie, per un futuro che vuole essere più sereno.
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