Sblocco licenziamenti, primi effetti: a Monza 152 lavoratori lasciati a casa con una mail
Una storica azienda manifatturiera della provincia di Monza ha annunciato la chiusura a sorpresa di un intero stabilimento, comunicando il licenziamento di tutti i suoi 152 lavoratori con una email. Quello della Gianetti Ruote, azienda leader nella produzione di ruote in acciaio fondata nel 1880, è il primo caso rilevante a livello nazionale di licenziamento collettivo dalla fine del blocco dei licenziamenti lo scorso 1° luglio.
L’azienda, di proprietà di un fondo d’investimenti tedesco, ha affermato che la decisione è dovuta alla crisi dello stabilimento di Ceriano Laghetto “aggravata dalla pandemia”. Nella mail inviata nel pomeriggio di sabato, dopo la fine del turno, ha comunicato a tutti lavoratori che dovranno prima andare in ferie e poi in permesso retribuito, fino alla chiusura definitiva dello stabilimento dopo ben 108 anni di attività .
“Nulla lasciava presagire un epilogo di questa natura, venerdì gli operai che hanno finito il turno di notte si erano salutati dandosi appuntamento per domani”, ha dichiarato Pietro Occhiuto, segretario generale della Fiom Cgil Brianza, affermando che la decisione è “assolutamente collegata allo sblocco dei licenziamenti”. “Siamo alla barbarie, difenderemo i posti di lavoro”, ha detto.
L’azienda, che ha tra i propri clienti Iveco, Daimler, Volvo e Harley Davidson, ha scelto di non ricorrere agli ammortizzatori sociali che le associazioni delle imprese si erano impegnate a utilizzare nell’accordo raggiunto con governo e sindacati la settimana scorsa prima dello sblocco dei licenziamenti. “Confindustria è in grado di garantire che le aziende a lei associate rispettino i patti siglati con il sindacato?”, ha chiesto Occhiuto.
I lavoratori hanno deciso di presidiare il sito, organizzando ronde notturne per evitare che vengano trasferiti i macchinari. “Il pericolo di un trasloco-lampo è più che concreto a questo punto”, ha detto a Il Giorno il segretario di Uilm-Uil Francesco Caruso.
L’azienda ha avuto un rapporto molto teso con i sindacati e negli scorsi mesi è stata condannata per due volte per condotta antisindacale. Ad agosto il tribunale di Monza l’ha condannata per non aver riconosciuto gli accordi di secondo livello ai lavoratori interinali e lo scorso aprile per aver impedito la partecipazione dei dirigenti sindacali ad alcune assemblee. Lo scorso gennaio la società, appartenente al fondo Quantum Capital Partner, aveva già licenziato tre sindacalisti, prima di ritirare la decisione. In precedenza i sindacati avevano denunciato l’assenza di un piano di rilancio nell’azienda dopo che si era iniziato a discutere di possibili licenziamenti.
In una lettera inviata ai sindacati, l’azienda sostiene che negli ultimi cinque anni lo stabilimento non ha mai generato utili operativi, affermando che registrava perdite superiori ai 7 milioni di euro all’anno. Una crisi accentuata dalla pandemia, che avrebbe portato a una riduzione del 27 percento dei ricavi. L’azienda ha citato tra le ragioni delle difficoltà dello stabilimento la concorrenza aggressiva da paesi esteri in grado di imporsi a causa di “diverse condizioni lavorative” e l’aumento del prezzo dell’acciaio.
I sindacati sostengono che negli ultimi tempi gli ordini nello stabilimento non sono mancati e che sabato alcuni operai hanno fatto anche ore di straordinario.
A partire dal 1° luglio è scaduto per le aziende dell’industria manifatturiera e dell’edilizia il blocco dei licenziamenti imposto l’anno scorso all’inizio della pandemia di Covid-19, mentre il divieto rimarrà in vigore fino al 31 ottobre per le imprese del tessile, delle calzature e altri comparti della moda, oltre che per le aziende del terziario e dell’artigianato, che non hanno accesso agli ammortizzatori sociali ordinari. Il governo ha anche garantito altre 13 settimane di cassa straordinaria a tutte le imprese che non hanno più a disposizione strumenti di integrazione salariale, obbligando le aziende che ne fanno richiesta a non licenziare prima di averla utilizzata interamente.
In un accordo raggiunto con il governo prima dello sblocco, le parti sociali si sono impegnate a “raccomandare l’utilizzo” di tutti gli ammortizzatori sociali a disposizione in alternativa ai licenziamenti.
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