“Ho chiesto loro di essere io il tutore, perché non vorrei mai che, un domani, a qualcuno della mia famiglia potesse venire il rimorso di aver autorizzato il fine vita. Eventualmente quel peso lo porterò io. Per ora sono sereno, perché so che sto facendo quello che vuole Samy. Anche se è doloroso. Una volta che Samantha avrà pace, il nostro dolore non finirà”, aveva detto il padre Giorgio al Corriere del Veneto il 10 novembre scorso, quando il giudice lo aveva nominato amministratore di sostegno della trentunenne assegnandogli il ruolo di esecutore delle volontà della figlia. “Amare vuol dire anche lasciar andare”, aveva spiegato a più riprese la famiglia nel corso di questi 15 mesi.
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