Il 27 marzo, la Procura di Milano ha aperto un fascicolo per compiere accertamenti a seguito dell’esposto presentato nei giorni precedenti da alcuni lavoratori risultati positivi al Covid-19 che hanno denunciato, per diffusione colposa di epidemia e reati in materia di sicurezza del lavoro, i responsabili dell’Istituto Palazzolo Fondazione Don Carlo Gnocchi di Milano (l’Rsa Palazzolo).
Il 19 aprile, alcuni lavoratori della Ampast Plast Coop (la cooperativa di lavoratori socio-sanitari che opera all’interno dell’istituto) che avevano denunciato i presunti illeciti sono stati “cautelativamente sospesi dal servizio”. Nella lettera con cui viene loro comunicato il provvedimento, firmata da Ndiaye Papa Waly, indagato in qualità di legale rappresentante della cooperativa sociale, è scritto che, in seguito alle interviste in cui denunciavano la committente di avere leso la loro incolumità, la Fondazione ha esercitato il “diritto di non gradimento”.
“Fermo restando il diritto di tutelare i suoi diritti, nonché il diritto dell’azienda a difendersi si reputa che la scelta di divulgare le accuse prima ancora che si instauri, sempre che si instauri, un procedimento, lede l’immagine dell’azienda e della committenza, oltre che minare il rapporto fiduciario e mettere a rischio l’azienda nel rapporto col committente”. I lavoratori vengono quindi invitati a “produrre giustificazioni entro il termine di cinque giorni”.
Ampast si riserva l’adozione di provvedimenti, “non esclusi quelli di natura disciplinare, all’esito delle giustificazioni o in difetto di loro tempestivo inoltro”. Il legale dei lavoratori, avvocato Romolo Reboa, afferma che la lettera “è stata consegnata fisicamente ai lavoratori in servizio e verrà probabilmente data anche a tutti gli altri denuncianti”. In tutto sono 18.
Secondo le accuse dei 18 lavoratori dell’istituto, i responsabili della struttura avrebbero “tenuto nascosti moltissimi casi di lavoratori contagiati, benché ne fossero a conoscenza dal 10 marzo e hanno impedito l’uso delle mascherine per non spaventare l’utenza, invece di fornire loro i dispositivi di protezione individuale”. Alcuni lavoratori della cooperativa hanno denunciato di essere stati “costretti a portare a lavare a casa i propri vestiti infetti, mentre quelli dei dipendenti in busta paga e dei degenti venivano lavati e sterilizzati in loco”.
“Nessuna negligenza in contagi del personale”, è stata la replica della Fondazione Don Gnocchi in una nota degli avvocati Antonello Martinez e Stefano Toniolo: “rispetto all’utilizzo delle mascherine da parte degli operatori sanitari sono stati adottati, già dal 24 di febbraio, da parte di tutti i centri di Fondazione Don Gnocchi, ivi compreso l’Istituto Palazzolo di Milano, provvedimenti operativi che hanno recepito i protocolli dell’Istituto Superiore della Sanità e dell’Oms”, si legge nella nota.
Ora gli inquirenti dovranno verificare la sussistenza o meno delle contestazioni indicate nell’esposto dei lavoratori, da cui è scaturito il procedimento. Al momento, tre dirigenti dell’istituto Palazzolo-Don Gnocchi di Milano sono indagati dalla procura di Milano nell’ambito della vicenda dei contagi e delle morti nella Rsa milanese. L’indagine, per diffusione colposa dell’epidemia e omicidio colposo, è coordinata dal pm Letizia Mocciaro. Nell’ambito della stessa inchiesta è indagato anche il presidente del Cda della Ampast, la cooperativa di cui fanno parte i lavoratori della Rsa. La Fondazione ha sempre respinto le accuse, sostenendo di avere messo a disposizione i dispositivi di protezione individuale ai lavoratori.
Aggiornamento al 21 aprile. La Guardia di Finanza di Milano sta perquisendo anche la sede di Ampast, la cooperativa sociale i cui infermieri e operatori sanitari lavorano alla Don Gnocchi.
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