Roma, processo al clan Spada: la sentenza della Corte d’Assise
Il clan Spada costituisce “un’associazione per delinquere di stampo mafioso”: questa la sentenza emessa dai giudici della Corte d’Assise di Roma per il processo al clan Spada, la famiglia criminale, di origine sinti, che opera a Ostia.
Nell’aula bunker di Rebibbia, il verdetto è arrivato nella serata di oggi, martedì 24 settembre, dopo 10 ore di camera di consiglio. Ventiquattro gli imputati alla sbarra. La Corte d’assise ha inflitto tre ergastoli. Carcere a vita per i capi Carmine Spada, detto Romoletto, per Roberto Spada, già condannato per la vicenda della testata a un giornalista della Rai, e per Ottavio Spada, detto Marco.
Sentenza processo clan Spada: le richieste della Procura
Il processo contro il clan Spada ha preso il via il 7 giugno 2018 presso l’aula bunker di Rebibbia, a Roma. Il procedimento è legato agli arresti avvenuti il 25 gennaio del 2018 con il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso.
Alla sbarra sono finiti 27 imputati, tra cui il boss Carmine Spada, conosciuto con il soprannome di Romoletto, e suo fratello Roberto.
Nel corso del dibattimento, è stata ricostruita la storia criminale della famiglia di Ostia: dalla presa di potere al business legato al traffico illecito di droga e al racket delle estorsioni.
Secondo quanto ricostruito nel processo, infatti, l’ascesa degli Spada ha inizio nel 2011 quando Giovanni Galleoni e Francesco Antonini, due criminali che controllavano Ostia prima dell’avvento degli Spada, vengono uccisi.
Dopo questo duplice omicidio, inizia l’ascesa degli Spada a Ostia. Il clan, infatti, ben presto controlla non solo il traffico della droga, ma anche parte del tessuto economico del litorale romano. Grazie alle estorsioni e alla corruzione di alcuni funzionari pubblici del municipio, gli Spada mettono le mani su alcuni degli affari più redditizi di Ostia come, ad esempio, la gestione dello stabilimento dell’Orsa Maggiore, uno dei più noti della frazione balneare di Roma.
E ancora, le estorsioni per la gestione del racket delle case popolari e l’usura a decine di negozianti, costretti a pagare il pizzo sotto il ricatto del clan malavitoso.
I fatti e le storie riguardanti la famiglia criminale di Ostia sono stati elencanti nel corso del processo dai pm della Dda, Mario Palazzi e Ilaria Calò, i quali, dopo aver presentato prove e testimonianze a favore della loro tesi, lo scorso 9 settembre hanno chiesto 24 condanne, tra cui 3 ergastoli, per un totale di oltre 200 anni di carcere.
Gli ergastoli sono stati richiesti per Carmine Spada, detto Romoletto, per suo fratello Roberto, balzato agli onori della cronaca per l’aggressione ai danni del giornalista della Rai Daniele Piervincenzi e all’operatore Edoardo Anselmi, avvenuta a Ostia lo scorso 7 novembre, fatto per cui è stato condannato a sei anni di reclusione, e per Ottavio Spada.
Tra i reati contestati, quelli di estorsione e usura, oltre, ovviamente, a quello di omicidio per cui sono stati chiesti i tre ergastoli.
L’accusa, inoltre, aveva chiesto una condanna a 16 anni di carcere per Ottavio Spada, detto Maciste, a 11 per Nando De Silvio, detto Focanera, e a 8 anni per Roberto Spada, detto Zibba.
Per Rubern Alvez del Puerto, invece, era stata chiesta una condanna a 10 anni.
Le richieste della procura nel processo al clan Spada erano state commentate anche dalla sindaca di Roma Virginia Raggi, la quale aveva espresso la sua soddisfazione per quello che aveva definito “un altro passo per ripristinare la legalità a Ostia e sul litorale”.