Voleva essere libera di morire, in modo dignitoso, per porre fine alla sue sofferenza causate da una forma incurabile di tumore, e per farlo, una donna ha chiesto aiuto a suo marito e ad un medico di guardia in un Istituto della Capitale.
Omicidio volontario aggravato. È il reato che la procura di Roma contesta ai due che hanno assistito la donna a cui il 13 gennaio del 2019 fu somministrata una dose letale di cloruro di potassio.
Un’iniziativa, secondo quanto scrive oggi il Corriere della Sera, che era stata richiesta dalla donna che avrebbe confessato al marito, imprenditore di 52 anni, di desiderare una morte dignitosa. Quest’ultimo, per porre fine alle sofferenze della moglie, quella sera di gennaio di quattro anni fa avrebbe, quindi, avvicinato il medico di guardia chiedendo di intervenire con l’iniezione alla moglie che era ricoverata nell’Istituto.
Il tutto è avvenuto in una stanza dell’Istituto Demopatico dell’Immacolata della Capitale (Idi), dove la donna era ricoverata. Il pm Stefano Luciani ha chiesto il rinvio a giudizio di marito e medico con l’accusa di omicidio volontario. Il Corriere della Sera spiega che la procura contesta ai due imputati, mai destinatari di alcuna misura cautelare, anche tre circostanze aggravanti. I due i sarebbero approfittati delle condizioni della donna, impossibilitata a difendersi perché in stato di incoscienza. Avrebbero abusato dei poteri derivanti dall’impiego del medico in una struttura pubblica. Infine, avrebbero commesso un omicidio ai danni di una paziente ricoverata in ospedale mediante uso di sostanze con «effetto venefico». Il 10 novembre si svolgerà l’udienza preliminare nella quale il gup, Daniela Ceramico D’Auria, deciderà sul rinvio a giudizio. Il medico è stato licenziato.