Statue e vie dedicate a personaggi europei legati alla storia coloniale sono oggetto di contestazione in tutta Europa. Un movimento partito negli Stati Uniti, con l’uccisione di George Floyd e che in questi giorni non ha risparmiato l’Europa, tantomeno l’Italia. Winston Churchill nascosto. Le statue di Re Leopoldo II del Belgio e di Indro Montanelli a Milano imbrattate.
Dopo la polemica sollevata per il gesto che ha coinvolto la statua del noto giornalista, nella notte tra giovedì e venerdì 19 giugno a Roma sono andate in scena proteste decisamente più organizzate: due atti dimostrativi che avevano due obiettivi ben identificati. Prima è stato imbrattato il busto di Antonio Baldissera, generale a capo delle truppe italiane in Eritrea e successivamente Governatore della colonia italiana di Eritrea alla fine del XIX secolo, poi è stato cambiato il nome a via dell’Amba Aradam, ora intitolata a George Floyd e a Bilal Ben Messaud.
Gli atti sono stati rivendicati dalla “Rete restiamo umani”, un insieme di attivisti che ha voluto portare “Black lives matter” anche nella Capitale. TPI mostra in anteprima le foto e raccoglie le motivazioni alla base del raid.
“Iniziamo ora a smantellare i simboli del colonialismo nella Capitale. Appare evidente la necessità di riportare una narrazione storicamente veritiera del colonialismo italiano, delle brutalità compiute da uomini che ancora oggi le nostre istituzioni continuano a celebrare come grandi personaggi che hanno plasmato la cultura di questo paese, rimuovendo la verità sulle violenze e gli stermini compiuti dagli italiani in Africa. Nessuna ‘contestualizzazione storica’ dell’operato di questi uomini, assassini e violentatori, deve distrarre e far venir meno il rifiuto convinto per quegli avvenimenti che hanno inquinato la nostra società, perché è su di essi che è stato costruito un mondo iniquo e violento in cui il valore della vita si misura in base al colore della pelle”, spiegano.
“Alcune nostre strade richiamano stragi vergognose compiute dai soldati italiani in Etiopia, come via dell’Amba Aradam, alcuni monumenti conferiscono invece gloria eterna a uomini colpevoli delle peggiori atrocità verso il genere umano; ciò va rafforzare una narrazione che continua a negare la violenza che ha caratterizzato l’espansione coloniale dei paesi europei, Italia compresa, e va a celebrare e giustificare la supremazia bianca. Tra gli “illustri” della storia italiana al Pincio possiamo trovare un busto di Antonio Baldissera, quasi che il passato coloniale italiano fosse un lustro invece che un crimine che come tale va ricordato”, precisano inoltre.
“Per queste ragioni oggi cambiamo nome a via dell’Amba Aradam e a largo dell’Amba Aradam e li intitoliamo a George Floyd e a Bilal Ben Messaud, morto a Porto Empedocle il 20 maggio 2020 mentre cercava di raggiungere terra, fuggendo dal confinamento forzato in nave. Dedichiamo la via a queste due figure per unire le lotte contro il razzismo di entrambe le sponde dell’Atlantico, e per ricordare che la frontiera uccide quanto la polizia violenta, e sono il prodotto dello stesso razzismo istituzionale. Per queste ragioni abbiamo imbrattato il busto di Antonio Baldissera di rosso sangue, simbolo della violenza razzista e coloniale da lui perpetrata ai danni delle popolazioni africane. Esigiamo che la nuova stazione della metro C non sia dedicata alla battaglia dell’Amba Aradam, ma ricordi al contrario le vittime del razzismo, come George e Bilal”, concludono.
Battaglia di Amba Aradam
La battaglia di Amba Aradam fu un conflitto armato combattuto nel febbraio 1936 durante la guerra d’Etiopia, presso il monte Amba Aradam. La battaglia si articolò in attacchi e contrattacchi delle forze italiane al comando del maresciallo Pietro Badoglio contro le forze etiopi del ras Mulugeta Yeggazu.
La battaglia venne combattuta essenzialmente attorno all’area del monte Amba Aradam che includeva gran parte della provincia di Endertà e si concluse con una netta vittoria del maresciallo Badoglio; le forze abissine furono sconfitte e in parte si disgregarono durante la ritirata. Gli italiani attaccarono prima “La spina di pesce” ove gli etiopi si sentivano più sicuri e dove speravano di attendere l’attacco definitivo così da rendere ulteriormente difficoltosa l’avanzata del nemico. Le camicie nere del Duca di Pistoia piantarono per prime il Tricolore sulla cima dell’Amba Aradam dopo un violento assalto all’arma bianca guidato dal duca in persona.
Le perdite, come dal comunicato di Badoglio, vedono un totale, fra morti e feriti, di 36 ufficiali, 621 nazionali e 143 indigeni da parte italiana e una stima di circa 20.000 uomini da parte Etiope.
Antonio Baldissera: chi era
Comandò da Colonnello nel 1886 il 7º Reggimento bersaglieri di stanza a Firenze e da qui raggiunge l’Eritrea, inquadrato nei ranghi della colonna Asinari di San Marzano. Quando Di San Marzano abbandona il comando gli subentra, coi gradi da generale di brigata, con l’incarico di riorganizzare la colonia. Rientrato in Italia riceve l’incarico di sostituire Oreste Baratieri alla fine di febbraio del 1896. Dal 4 marzo (all’indomani della sconfitta di Adua) Baldissera divenne governatore generale dell’Eritrea italiana riuscendo a fermare l’avanzata delle forze etiopiche.
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