“La colpa è anche nostra”, ammette sconsolata la madre di Riccardo Faggin, il 26enne morto in un incidente d’auto alla vigilia di una finta laurea di cui in realtà non c’era traccia. “Gli chiedevamo notizie sugli esami che stava facendo, gli dicevamo di fare in fretta. Sono cose che tutti i genitori dicono, ci sembrava la normalità. E invece ora proviamo un gran senso di colpa per non aver capito nostro figlio”, spiega Luisa Cesaron, 54 anni, in un’intervista a Repubblica. A casa era tutto pronto: la festa e il regalo da consegnare dopo la discussione della sua tesi, ma per Riccardo non era prevista alcuna seduta.
Il drammatico incidente, probabilmente un suicidio in auto, ha scoperchiato un vaso di Pandora fatto di continue bugie che il giovane aveva raccontato alla famiglia. Riccardo aveva detto di aver raggiunto la fine del suo percorso di studi, ma in realtà aveva passato solo una manciata di esami. “Lo vedevamo un po’ fermo – ha raccontato la donna -. Lo riprendevamo perché si muovesse con questa benedetta laurea e forse lo abbiamo aggredito troppo. Ai più giovani vorremmo dire di confrontarsi con i genitori se ci sono problemi. Tirate fuori ciò che avete dentro, altrimenti si creano muri impossibili da scavalcare”.
La madre del 26enne lancia poi un appello alle altre famiglie: “Se i vostri figli raccontano qualche bugia, provate a comprenderli. Cercate di captare i segnali di disagio anche nelle piccole cose. A noi sembrava che Riccardo avesse solo qualche giornata strana, invece aveva indosso una maschera e noi non ce ne siamo mai resi conto”. La donna nel corso dell’intervista ha anche raccontato gli ultimi giorni di vita del figlio: “Abbiamo visto che non si dava da fare, ma davanti a questo baratro mi chiedo quanto sia stato male. Lui non voleva deluderci. Se ce lo avesse detto, avremmo provato ad aiutarlo”. Il tutto, spiega, si sarebbe concluso con una pacca sulla spalla dopo una litigata. “Riccardo era solo – ammette infine la madre – e non aveva nessuno con cui parlare. Se avesse avuto amicizie più salde forse sarebbe stato diverso. All’università non era riuscito a stringere legami e la pandemia poi lo aveva chiuso in casa. Ultimamente mi sembrava che si stesse riprendendo ma non era così”.