A distanza di sei anni dalla pubblicazione in Italia, il libro di Antonio Rinaldis “Riace, il paese dell’accoglienza. Un modello alternativo di integrazione” (Imprimatur, 2016), riprende il suo cammino in Giappone. Nella prefazione all’edizione nipponica del volume si legge: “Riace è un piccolo villaggio della costa calabrese, nel profondo sud dell’Italia. In questo luogo così contraddittorio è avvenuto un piccolo miracolo, per merito del Sindaco Mimmo Lucano e di un gruppo di sognatori e utopisti, che hanno creato un villaggio globale, guidati dall’idea di una comunità aperta e inclusiva, capace di superare le differenze di razza, di origine e di religione”.
Poi, ancora: “Ai lettori giapponesi l’esperienza del piccolo villaggio calabrese può offrire motivi di riflessione per comprendere il senso della mobilità umana del nostro tempo, perché quel fenomeno che chiamiamo globalizzazione non può ridursi alla libera circolazione delle merci, ma deve estendersi agli esseri umani, soprattutto a quelli che nella lotteria della nascita hanno avuto la sorte di crescere nei luoghi più poveri della Terra”.
Come è nato questo progetto editoriale?
“Per volontà di un docente dell’Università di Tokyo, la professoressa Chieko Nakabasami, che aveva letto il libro dopo un viaggio che aveva fatto a Riace. Per la Nakabasami era stata una folgorazione, nonostante le differenze culturali e sociali tra il suo Giappone ed un piccolo borgo calabrese. Il senso di quel suo innamoramento è tutto racchiuso in questa sua frase: ‘Se non c’è l’amore il mondo è come il vento che soffia fuori dalla finestra. Non lo si può sentire sulle mani, non se ne percepisce l’odore’. In essa è percepibile una saggezza tutta orientale, che però si sposa benissimo lo spirito di Riace”.
Possiamo dire, allora, che lo spirito di Riace è ancora vivo, ben oltre i confini del piccolo borgo della Locride e della Calabria?
“Non c’è dubbio. Proprio la pubblicazione del mio libro in Giappone è il segno che l’esperienza di Riace suscita ancora interesse e curiosità anche in paesi molto lontani, sia dal punto di vista geografico che da quello culturale e politico. Non credo di esagerare se affermo che la storia di Riace, con i suoi valori di solidarietà e umanità, appartenga ormai al mondo intero. Sul piano pratico, invece, si può tranquillamente sostenere che il modello di integrazione realizzato da Mimmo Lucano a Riace costituisca la prova tangibile che l’immigrazione non è un problema di sicurezza e di polizia, ma, a certe condizioni, una grande opportunità per i paesi interni, soggetti ad erosione economica e demografica. Un modello virtuoso, oltre che ispirato a sentimenti di profonda umanità”.
Forse per questo il “modello Riace” ad un certo punto è finito nel mirino non solo della politica?
“Beh, una cosa è certa: il successo dell’esperienza di Riace, dal punto di vista dei risvolti economici e sociali, ad un certo punto va a confliggere con la narrazione secondo cui i migranti, gli sbarchi, costituiscono una minaccia per la società (‘la difesa dei confini’, per intenderci), per la nostra sicurezza ed il nostro benessere. Riace ha dimostrato non soltanto che i migranti non ci tolgono il lavoro, ma che grazie a loro possono aumentare le occasioni di lavoro anche per gli abitanti del posto, mitigando il fenomeno della fuga dalle aree interne, che nel Mezzogiorno sta diventando una vera e propria piaga sociale”.
Quindi un modello da rilanciare?
“Certamente. Dopo i tentativi di demolizione dell’intera esperienza, è importante rilanciare l’idea di un’accoglienza che non sia emergenziale, ma progettuale, capace di attivare processi economici virtuosi e di sviluppo. Lo dico anche a partire dalle mie origini calabresi, quelle che mi hanno spinto a divulgare l’immagine di una Calabria progressista e innovatrice, in grado di superare le sue contraddizioni per proporsi come modello e progetto di futuro, anche rispetto ad altre realtà italiane, che invece rispetto al fenomeno migratorio hanno proposto soluzioni primitive e arretrate”.
In autunno si terranno in Calabria le elezioni per il rinnovo del Consiglio regionale. Quale migliore occasione per parlare del modello Riace e farne il cuore di una proposta programmatica che coniughi visione e pragmatismo.
“Sono d’accordo. Penso che il modello Riace debba essere uno dei punti qualificanti del programma di una coalizione per il cambiamento che veda Mimmo Lucano tra i protagonisti. La traduzione in Giappone può essere un argomento ulteriore a favore della bontà di quella proposta politica e culturale che ha messo al centro l’uomo e la solidarietà incondizionata”.
Mimmo Lucano insieme a te in Giappone a parlare della sua Riace e del modello di integrazione che lo ha consacrato come una delle cinquanta personalità più influenti al mondo?
“Sarebbe bellissimo”.
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