Scampia, ragazzo di 13 anni con le treccine blu cacciato da scuola
Un ragazzo di 13 anni, con una cresta di treccine blu sulla testa in parte rasata, è stato cacciato dalla scuola che frequenta a Scampia, quartiere di Napoli. La ragione? La sua nuova pettinatura viola il regolamento della scuola e la preside quindi gli ha impedito l’accesso. In poche ore il caso è esploso attraverso i social.
A raccontare i fatti è stata la nonna del tredicenne, Concetta Cerullo, commentando su Facebook il post di un consigliere regionale dei Verdi, Francesco Emilio Borrelli. Tutto è iniziato il giorno dell’accoglienza per il nuovo anno scolastico. La dirigente, parlando alla platea, ha affermato ‘invece di fare le treccine, comprassero i libri’, rivolgendosi palesemente a mio nipote che era l’unico bambino con quella acconciatura. Poi ha aggiunto ‘chi porta le treccine non può essere una persona acculturata’”, ha raccontato la donna.
Stando alla versione della famiglia del ragazzo, la madre si sarebbe recata immediatamente dalla preside per chiedere spiegazioni, ma le avrebbero “sbattuto la porta in faccia”. “Non abbiamo parole. Noi abbiamo sempre rispettato tutte le regole”.
Le treccine blu violano le regole
Ma è proprio questo il punto, per la preside dell’istituto comprensivo Ilaria Alpi-Carlo Levi, Rosalba Rotondo. “Nessuna porta in faccia, tutti i genitori firmano, ogni anno, un Patto di corresponsabilità. Ci sono regole che valgono per tutti, alunni e docenti, e i genitori le conoscono”, ha detto. “La madre ci ha detto che quei capelli sono stati un regalo di compleanno. Insomma: un capriccio”, ha aggiunto la dirigente scolastica.
Nel regolamento sono messi al bando treccine, creste, ma anche abbigliamento indecoroso (bermuda, pantaloni stracciati, sandali, ombelico scoperto), trucco pesante, e maglie e felpe con simboli che inneggiano alla violenza.
Per la preside, le regole sono importanti e vanno rispettate: è questo l’insegnamento che ha inteso dare al ragazzo. “Imparano oggi quello che servirà loro domani. Potranno mai andare a lavorare in bermuda o con l’ombelico scoperto o con treccine blu elettrico? Non credo proprio”, ha ribadito. “Un giorno saranno avvocati, infermieri, medici, artisti, bancari e sapranno che esistono regole da rispettare, sapranno cos’è un dress code”, conclude.
La querela e la lettera al ministro
La famiglia del ragazzo con le treccine blu, però, ha deciso di proseguire nella battaglia che stanno portando avanti contro la scuola che ha discriminato il figlio. “Abbiamo contattato le forze dell’ordine, appena possibile sporgeremo querela”, ha spiegato la nonna sempre su Facebook.
Nemmeno la dirigente Rotondo ha intenzione di arretrare, anche se sui social è partito il linciaggio. Anzi. Ha annunciato che scriverà al ministro dell’Istruzione, Lorenzo Fioramonti, per spiegare il suo gesto e dimostrare che “dietro ogni regola c’è un valore formativo”.
Intanto il tredicenne le treccine dovrà toglierle. “Il ragazzo mi ha subito promesso che avrebbe tolto le treccine ma la madre ha aggiunto che ci vorrà del tempo, non si possono asportare immediatamente. Non importa, aspetteremo”, ha detto la preside al quotidiano La Repubblica. “Fino ad allora però, abbiamo pensato a un percorso alternativo per lui, per dimostrare a tutti quale ragazzo di talento è. Non ha bisogno di attirare l’attenzione con le treccine. Ha già altre peculiarità: la musica, lo sport, gli piace molto la matematica…”.
Il consigliere dei Verdi in difesa del ragazzo con le treccine blu
“Qualora quanto raccontato dalla signora (la nonna del ragazzo, ndr) dovesse essere confermato dalle evidenze – affermano il consigliere regionale dei Verdi, Francesco Emilio Borrelli, e il conduttore de “La Radiazza” su Radio Marte Gianni Simioli – saremmo di fronte ad un fatto di una gravità senza precedenti, una vicenda ai limiti dell’assurdo”.
“L’atto di escludere un ragazzo a causa delle treccine blu è discriminatorio e ingiustificabile. Tra l’altro stiamo parlando di un minorenne, un ragazzo di 13 anni, lasciato in strada mentre i genitori pensano che si trovi a scuola”, proseguono. “Abbiamo inviato una nota all’Ufficio scolastico regionale e al Miur evidenziando quanto raccontato dalla signora. Occorre appurare le responsabilità della dirigente scolastica in questa stucchevole vicenda”, concludono.
Leggi l'articolo originale su TPI.it