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    Qatargate, rinviata la decisione sulla figlia di Panzeri: per ora resterà in Italia

    L'auto della polizia penitenziaria con a bordo Silvia Panzeri raggiunge il Tribunale di Brescia, 20 Dicembre 2022. Credit: ANSA/FILIPPO VENEZIA
    Di Marco Nepi
    Pubblicato il 20 Dic. 2022 alle 18:40

    Qatargate, rinviata la decisione sulla figlia di Panzeri: per ora resterà in Italia

    È stata rinviata al prossimo 3 gennaio la decisione sulla consegna alle autorità belghe di Silvia Panzeri, figlia dell’ex europarlamentare al centro dell’inchiesta sulla corruzione nelle istituzioni europee.

    L’avvocata 38enne, arrestata lo scorso 9 dicembre insieme alla madre, è accusata di organizzazione criminale, corruzione e riciclaggio. Nello specifico, secondo la procura belga, avrebbe partecipato al trasporto dei regali fatti arrivare dall’ambasciatore marocchino in Polonia, Abderrahim Atmoun. Doni che si sarebbero limitati a semplici “creme”, ha dichiarato ieri la madre Maria Dolores Colleoni, nell’udienza in cui i giudici di Brescia hanno invece dato il via libera alla consegna della 67enne.

    Nella decisione di oggi, la Corte d’appello di Brescia ha invece accolto l’istanza della difesa, che ha chiesto di valutare se le condizioni nelle carceri belghe siano “compatibili con quelle delle carceri italiane e con quanto richiesto dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo”, alla luce della condanna inflitta nel 2014 dalla Corte europea dei diritti dell’uomo per le condizioni nelle carceri del paese.

    Nel rinviare l’udienza, il tribunale ha chiesto chiesto al ministero della Giustizia di verificare le condizioni negli istituti carcerari di Bruxelles, in cui è attualmente detenuto il padre.

    “La stessa richiesta l’avevamo avanzata anche ieri per la signora Colleoni ma non era stata accolta. A questo punto faremo ricorso in Cassazione”, ha detto l’avvocato Angelo De Riso, uno dei legali della famiglia Panzeri.

    La 38enne è stata arrestata insieme alla madre due settimane fa, a pochi giorni dal rientro da un viaggio a Doha. Entrambe sono ritenute dagli inquirenti “pienamente consapevoli” degli affari di Antonio Panzeri, fondatore di una delle ong al centro dell’inchiesta sulle mazzette pagate da Qatar e Marocco per “condizionare” le politiche dell’Unione Europea.

    La posizione della figlia sarebbe però diversa da quella di Colleoni, che avrebbe avuto il “controllo” sulle operazioni del marito e usava la carta di credito messa a disposizione, secondo la stampa, dall’ambasciatore del Marocco in Polonia, Abderrahim Atmoun.

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