“È una questione di sopravvivenza, siamo a un punto di non ritorno”: è questo il grido disperato dei ristoratori, la cui iniziativa #ioapro che invita a restare aperti – a partire da venerdì 15 gennaio – contro le restrizioni anti Covid imposte dal Governo ha già raccolto oltre 50 mila adesioni da tutta Italia.
“Ci proviamo lo stesso, anche se non c’è speranza”, spiega Umberto Carriera, il ristoratore ‘ribelle’ di Pesaro che ha già collezionato multe e sospensioni per aver aperto alcuni suoi locali malgrado i divieti dei vari Dpcm. Tra Milano, Modena, Pesaro e Reggio Emilia, le città con maggiori adesioni finora registrate, si parla di circa quattrocento locali pronti a restare aprirti.
“Non è mai stata presentata un’indagine epidemiologica che accerti i contagi nei locali, a differenza di quanto può accadere sui mezzi pubblici o nei supermercati – sostiene Carriera – Vogliamo poter lavorare, ma saremo i primi a puntare il dito contro chi non rispetta le norme di sicurezza”.
Il Dpcm autonomo
Secondo gli organizzatori, che offrirebbero anche tutela legale in caso di multe, la mobilitazione, che loro definiscono di “disobbedienza gentile”.
I ristoratori che hanno abbracciato la protesta si sono anche dotati di una sorta di ‘Dpcm alternativo e autonomo‘, che il suo ideatore ha chiamato Decalogo Pratico Commercianti Motivati e che prevede, tra le altre regole, la chiusura alle 21.45, l’obbligo di indossare la mascherina e di tenere vuoti la metà dei tavoli.
“Non è mai stata presentata un’indagine epidemiologica che accerti i contagi nei locali, a differenza di quanto può accadere sui mezzi pubblici o nei supermercati – sostiene Carriera, già sanzionato per aver riaperto alcuni suoi locali -. Vogliamo poter lavorare, ma saremo i primi a puntare il dito contro chi non rispetta le norme di sicurezza”.
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