Dopo il caso, sollevato da TPI, delle mascherine “dubbie” in dotazione agli sportellisti, Poste Italiane ha deciso che, a partire dal prossimo mese di dicembre, “procederà alla distribuzione di mascherine chirurgiche monouso nei confronti del personale operante negli uffici postali”. É quanto si legge nel verbale di una riunione avvenuta il 19 novembre, alla quale hanno partecipato anche le organizzazioni sindacali.
Finora ai dipendenti dell’area “Mercato Privati” – vale a dire gli addetti allo sportello degli Uffici Postali – veniva consegnata, a seconda delle filiali, una mascherina FFP2 o KN95 oppure un dispositivo di protezione individuale (DPI), almeno sulla carta, a più alto potere filtrante. Ma ne venivano consegnate solo una ogni tre giorni, nonostante questo tipo di mascherine andrebbe indossato per un massimo di 7-8 ore consecutive.
Diverso il trattamento per i portalettere e gli addetti dei Centri di Smistamento, ai quali dall’inizio dell’emergenza Covid vengono distribuite semplici mascherine chirurgiche ma almeno – come è normale – con frequenza quotidiana: ogni giorno, una nuova. In virtù di quanto deciso il 19 novembre, dunque, a breve, il DPI a disposizione degli sportellisti sarà identico a quello degli altri dipendenti di Poste (portalettere e operai). Questo anche grazie ad una nuova fornitura da 16 milioni di mascherine monouso che – da bando pubblico (scaduto il 21 ottobre) – dovrebbero iniziare ad essere consegnate all’azienda entro il 31 dicembre.
Ancora non è chiaro, invece, dove e come siano state reperite le mascherine filtranti utilizzate finora negli uffici: mascherine che, almeno in apparenza, non parrebbero marcate adeguatamente. Da una parte Poste ha deciso di non mettere a disposizione né della stampa né dei sindacati le certificazioni che sarebbero utili a chiarire in maniera celere e una volta per tutte il caso, dall’altra i primi 13 milioni di dispositivi sarebbero stati acquistati direttamente in Cina nel pieno della prima grande ondata che aveva colto impreparato chiunque.
É possibile che nella fretta e agitazione – comprensibili – di quei giorni almeno qualcuno dei lotti di mascherine acquistati non rispondesse agli standard necessari per una marcatura CE? Poste Italiane lo esclude, ma qualche novità in merito potrebbe giungere a breve da parte della Asl di Pescara, che nei giorni scorsi ha bussato alla porta di alcuni uffici postali per un’ispezione, chiedendo appunto conto dei certificati di conformità delle mascherine utilizzate dai lavoratori.
“L’attività di vigilanza che svolgiamo – ci spiega una dirigente dell’azienda sanitaria locale – impone il riserbo sugli elementi che eventualmente dovessero emergere, dovendo riferire innanzitutto, in caso di riscontrate difformità, all’Autorità Giudiziaria. Posso solo confermarle che sono in corso attività di verifica”.
E qualche verifica la sta facendo anche il Servizio di Sicurezza Fisica di Poste, che a stretto giro rispetto al controllo dell’Asl ha fatto a sua volta visita alle stesse filiali, dalle quali ha prelevato alcuni DPI “nel tentativo di risalire ai canali di approvvigionamento”.
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