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    “Non faccia come Wojtyla, che si è portato i segreti nella tomba. Se sa qualcosa parli”: l’appello di Pietro Orlandi a Ratzinger

    Di Giulia Angeletti
    Pubblicato il 22 Giu. 2020 alle 18:25 Aggiornato il 22 Giu. 2020 alle 19:56

    “Mi rivolgo a Ratzinger, che ancora indossa la veste bianca, è ancora Papa Benedetto ed era vicinissimo a Giovanni Paolo II: ora, che a 93 anni si avvicina al Padre, se sa qualcosa, abbia un rigurgito di coscienza e lo dica, non si porti segreti nella tomba come Wojtyla”. Sono le parole di Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, 15enne scomparsa ormai 37 anni fa a Roma e sul cui caso lo scorso anno è stata aperta un’inchiesta dalla procura del Vaticano. Pietro – che non si è mai arreso in questi lunghi anni e porta ancora avanti la sua battaglia per conoscere la verità sulla sorella svanita nel nulla il 22 giugno 1983 – in occasione del 37esimo anniversario della sparizione di Emanuela si è rivolto all’ex pontefice, Benedetto XVI: “Il mio appello a fare giustizia e a darci verità lo rivolgo non a Papa Francesco, che so essere chiuso nei confronti della vicenda di Emanuela, ma a Ratzinger”.

    Il papa emerito, infatti, secondo Pietro Orlandi avrebbe delle informazioni sul caso di Emanuela data la sua vicinanza a Papa Giovanni Paolo II: il padre di Emanuela e Pietro, d’altronde, era il messo pontificio proprio di Carol Wojtyla quando la giovane è scomparsa. Si tratta dell’ennesimo appello alla Santa Sede da parte della famiglia Orlandi, che da anni chiede di conoscere la verità; quel giorno di giugno del 1983, quando Emanuela non tornò mai a casa dopo la lezione di musica nella Basilica di Sant’Apollinare a Roma, nella sala stampa del Vaticano arrivarono diverse telefonate. Perché? Quale era il contenuto di quelle comunicazioni? Sono solo alcuni degli interrogativi rimasti senza risposta per quanto riguarda l’irrisolto caso della cittadina vaticana.

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