Cantare vittoria adesso? Una pessima idea. Il Coronavirus non è ancora vinto, e potrebbe tornare. Parola di Piero “The Legend” Angela. La stella polare della divulgazione scientifica televisiva, 91 anni, di origine torinese, dopo un lockdown vissuto molto seriamente nella sua bella casa romana, accetta di fare quattro chiacchiere con noi di TPI guardando al futuro.
Angela, questo è un momento particolare per il Paese. Il Covid sembrerebbe quasi uscito di scena, ci sono segnali incoraggianti, si parla di carica virale ridotta, si ricomincia a guardare al futuro. Lei che cosa ne pensa?
“Io dico che se le persone abbassano la guardia adesso perché ritengono che tutto sia finito, andiamo incontro a una nuova ondata. Sento molta gente che, vedendo in televisione i dati che parlano di sempre meno contagiati e sempre meno morti, pensa che ormai il virus sia in una fase decrescente o che si sia attenuato”.
Non sarebbe così, quindi?
“Per quanto ne so io, no. Non è che il virus cambi in tempi così rapidi. Semplicemente non ci si espone al rischio, si sta distanti, si mette la mascherina, si fa attenzione. Dipenderà tutto da come tutti noi seguiremo le istruzioni e continueremo a essere prudenti. Finché non arriveranno un vaccino e farmaci efficaci. Essere scrupolosi non è solo importante per la salute, ma anche per l’economia. Che se non passa quest’epidemia, ne soffre e ne soffrirà sempre più”.
Piano con gli entusiasmi fuori luogo, insomma.
“Bisogna mettersi bene in testa che non è passato niente. Ci troviamo semplicemente in una fase che ricorda i primi tempi dell’epidemia, in cui poche persone erano infettate”.
Teme una recrudescenza per l’autunno-inverno?
“Dipenderà solo e soltanto da come si comporterà la gente”.
In questi mesi abbiamo visto in tv la sagra del virologo. Un’esposizione mediatica di tanti esperti (alcuni dei quali in contraddizione), che qualcuno ha giudicato eccessiva.
“Io non critico mai nessuno. Ognuno esprime le proprie idee, e quando c’è una situazione di incertezza, quando le cose non si conoscono ancora bene, ognuno può esprimere ipotesi diverse. Ora staremo a vedere”.
Come vede il futuro del Paese? Questa trave ci è caduta addosso in un momento già non semplice.
“Dipende: se il Paese sarà meno litigioso, le cose potrebbero andare meglio. Se continuerà a esserlo, non ho buoni presagi”.
Politicamente litigioso, intende?
“Sì, essenzialmente. Ma anche per ogni altra cosa. Qui c’è disaccordo su qualsiasi cosa si faccia. Sa, io sono molto vecchio, ho vissuto anche il Dopoguerra. Anche allora c’era una contrapposizione molto forte, tra Democrazia Cristiana e Partito Comunista. Però l’Italia andava avanti comunque con speranza, con fiducia, con efficienza, con la voglia di creare e di fare. Questa è una cosa che ci manca oggi”.
Per quanto riguarda la tv, ambiente conosce bene, ha avuto ripercussioni dirette?
“Certamente: lavoriamo tutti con molte difficoltà, fra distanze da tenere e precauzioni varie. Ieri mattina per esempio sono andato in studio per registrare un programma e non c’era la truccatrice: trucco e parrucco non ci sono per ragioni di sicurezza; anche i tecnici sono tutti a distanza, e le troupe hanno difficoltà a muoversi. Stiamo per partire con una nuova serie di Superquark e i nostri operatori riescono a girare ma con molte difficoltà e mettendoci tanta buona volontà”.
Un programma che va in onda da 25 anni. Ci sarà una parte dedicata al Coronavirus in questa nuova serie?
“Certamente, con un taglio che stiamo decidendo e che vedremo man mano che le cose andranno avanti. Saranno sette puntate su Raiuno in prima serata dal 15 luglio”.
Anche suo figlio Alberto sta lavorando in questo periodo?
“Credo di sì. Non proprio in questi giorni, mi pare. Ma non sono informato in modo così dettagliato sui suoi movimenti”.
Come ha vissuto questi ultimi mesi?
“Era un periodo in cui non avevo programmi tv. Sono rimasto a casa, ho scritto un po’ e in pratica non sono uscito mai”.
C’è una cosa l’ha colpita particolarmente e che non dimenticherà di questo periodo?
“La morte di un amico, che purtroppo non ho potuto più vedere. Ci siamo sentiti solo per telefono: mi ha chiamato per un saluto d’addio perché sentiva la sua fine imminente. E poi un funerale che neanche i familiari hanno potuto seguire. Infine ho ricevuto la sua ultima fotografia dopo le esequie: un barattolo rosso con una targhetta e il suo nome”.
Terribile.
“Lo è stato per me. Figurarsi per i familiari”.