Un gruppo di pedofili che si scambiavano su Telegram immagini di abusi commessi sulle proprie figlie è stato scoperto dalla polizia postale, in un’indagine che ha portato all’arresto di cinque persone residenti in diverse città italiane.
Un imprenditore romano, un imprenditore edile bolognese, un dipendente comunale napoletano, un bresciano e un altro napoletano sono stati accusati di essere i cinque membri di una chat che avevano chiamato “Famiglie da abusi”. “Qui su Telegram non ci scopriranno mai”, avevano scritto nella chat, scoperta invece nell’indagine coordinata dal Centro nazionale di contrasto alla pedopornografia on line, partita da una segnalazione di altri organismi investigativi delle forze di polizia estere
Sono stati identificati anche altri due soggetti, uno denunciato a piede libero e un altro arrestato. Entrambi erano in contatto con il primo indagato, un imprenditore che gestiva un rimessaggio di barche sul litorale laziale, arrestato in flagranza di reato dopo essere stato trovato in possesso di quantità “ingenti” di materiale pedopornografico. Secondo La Repubblica la polizia avrebbe rinunciato a contare il numero di file, tutti relativi a foto scattate alle figlie.
Dalla prima perquisizione è emerso per la prima volta il gruppo Telegram, una scoperta che ha portato all’arresto del 45enne imprenditore edile di Bologna, che in un video autoprodotto, aveva coinvolto un minore appartenente al nucleo familiare.
Il terzo componente del gruppo, un dipendente del comune di Napoli, è stato denunciato a piede libero in quanto detentore di materiale pedopornografico mentre il quarto membro, residente nel bresciano, è stato arrestato in flagranza di reato per detenzione di ingente quantitativo di materiale relativo allo sfruttamento sessuale di minori. L’uomo è inoltre indagato per violenza sessuale nei confronti della propria figlia. Anche il quinto membro, un altro residente napoletano di poco più di trenta anni, è stato arrestato dopo che sono stati rinvenuti in suo possesso circa 200 file pedopornografici.
In contatto con il primo indagato, l’imprenditore romano, sono stati anche identificati altre due persone. Il primo un residente della provincia di Roma, denunciato a piede libero poiché deteneva file ricevuti dall’arrestato, che gli aveva anche fornito istruzioni per instaurare un contatto sessuale con un minore. Il secondo un 55enne siciliano, arrestato con l’accusa di aver costretto la figlia a subire rapporti sessuali, registrati e condivisi online. Anche la moglie è indagata per non aver fatto nulla per impedire gli abusi pur essendone a conoscenza. A lei è stato imposto l’allontanamento dall’abitazione e il divieto di avvicinamento alla vittima.