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    Palermo, arrestato per corruzione il commissario per l’emergenza Coronavirus in Sicilia: in tutto 10 arresti

    Il coordinatore dell'emergenza Coronavirus in Sicilia, Antonino Candela
    Di Carmelo Leo
    Pubblicato il 21 Mag. 2020 alle 08:37 Aggiornato il 29 Mag. 2024 alle 14:55

    Palermo, arrestato per corruzione il commissario emergenza Coronavirus in Sicilia

    Un’inchiesta della Guardia di finanza denominata “Sorella sanità” ha scoperchiato il vaso di Pandora di un sistema di corruzione nella sanità in Sicilia che ha portato a 10 arresti: tra questi, c’è anche il direttore generale dell’Asp di Trapani Fabio Damiani (in custodia cautelare in carcere) e il commissario regionale dell’emergenza Coronavirus (ed ex direttore generale dell’Asp) Antonino Candela, finito ai domiciliari. Sotto la lente di ingrandimento degli investigatori quattro gare d’appalto, caratterizzate da condotte di turbativa, aggiudicate a partire dal 2016, il cui valore complessivo sfiora i seicento milioni di euro e riguardanti la gestione e la manutenzione delle apparecchiature elettromedicali dell’Asp 6. Le “spregiudicate condotte illecite”, sottolineano le Fiamme gialle, garantivano “l’arricchimento personale dei pubblici ufficiali infedeli e dei loro intermediari”, che intascavano mazzette che ammontavano circa al 5 per cento del valore della commessa aggiudicata.

    Le tangenti promesse ai pubblici ufficiali coinvolti nell’inchiesta raggiungono il valore monstre di 1,8 milioni di euro. Le indagini del nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza di Palermo sono state svolte con l’ausilio di intercettazioni telefoniche e ambientali, appostamenti, pedinamenti, videoriprese, esami documentali e dei flussi finanziari. E’ stato proprio grazie alle intercettazioni che si è scoperto che intorno a Candela e Damiani giravano due veri e propri centri di potere. Particolare la posizione proprio del commissario regionale dell’emergenza Coronavirus in Sicilia, accusato di aver intascato in più trance una mazzetta da 260mila euro. Candela, nelle intercettazioni, ricordava a un interlocutore che “la sanità è un condominio, io sempre capo condominio rimango”. Proprio lui, che vive da anni sotto scorta, che si era sempre distinto come protagonista della caccia agli appalti truccati (nel 2013 la sua denuncia fece arrestare Salvatore Cirignotta, allora manager dell’azienda sanitaria provinciale di Palermo), adesso è “dall’altra parte” della barricata.

    Gli arresti

    Sono in tutto 12 le misure cautelari emesse dal gip: due custodie in carcere, otto ai domiciliari e due divieti temporanei di esercitare attività professionali. In carcere sono finiti Fabio Damiani, 55enne di Palermo, attuale direttore generale dell’Asp di Trapani, e Salvatore Manganaro, 44 anni, di Agrigento, ‘faccendiere’ di riferimento per Damiani. Ai domiciliari, oltre ad Antonino Candela (55 anni), sono finiti Giuseppe Taibbi, 47 anni, di Palermo, ‘faccendiere’ di riferimento per Candela; Francesco Zanzi, 56 anni, di Roma, amministratore delegato della Tecnologie Sanitarie S.p.A; Roberto Satta, 50 anni, di Cagliari, responsabile operativo della Tecnologie Sanitarie spa; Angelo Montisanti, 51 anni, di Palermo, responsabile operativo per la Sicilia di Siram S.p.A., e amministratore delegato di Sei Energia scarl; Crescenzo De Stasio, 49 anni, di Napoli, direttore unità business centro sud di Siram S.p.A., Ivan Turola, 40 anni, di Milano, “referente occulto” di Fer.co. S.r.l.

    Nei confronti di Giovanni Tranquillo, 61 anni, di Catania, referente occulto di Euro&promos​ S.p.A. e di Pfe S.p.A. di Giuseppe Di Martino, 63 anni, di Polizzi Generosa, ingegnere e membro di commissione di gara, è stata invece applicata la misura del divieto temporaneo di esercitare attività professionali, imprenditoriale e pubblici uffici. Con il medesimo provvedimento il gip ha disposto il sequestro preventivo di sette società, con sede in Sicilia e Lombardia, nonché di disponibilità finanziarie per 160mila euro.

    Le accuse nei confronti degli indagati sono, a vario titolo, di corruzione per atto contrario ai doveri di ufficio, induzione indebita a dare o promettere utilità, istigazione alla corruzione, rivelazione di segreto di ufficio e turbata libertà degli incanti.

    Come funzionava il sistema di corruzione

    Secondo gli inquirenti, “gli operatori economici vincitori delle gare, importanti società a livello nazionale, erano consapevoli e partecipi alle dinamiche criminali, dalle quali traevano un vantaggio che avrebbe remunerato nel tempo il pagamento delle tangenti”. Entrambi i gruppi di potere, quello gestito da Candela e quello gestito da Damiani, agivano con lo stesso schema. L’imprenditore interessato all’appalto avvicinava il faccendiere, noto interfaccia del pubblico ufficiale corrotto; il faccendiere, d’intesa con il pubblico ufficiale, concordava con l’impresa corruttrice le strategie criminali per favorire l’aggiudicazione della gara; la società, ricevute notizie dettagliate e riservate, presentava la propria “offerta guidata”, che veniva poi adeguatamente seguita fino all’ottenimento del risultato illecito ricercato.

    Le intercettazioni, dunque, hanno fatto emergere un sistema di buste sostituite durante le gare, di punteggi attribuiti illegittimamente, di informazioni riservate che circolavano con grande facilità. I pagamenti delle tangenti in alcuni casi avvenivano con la classica consegna di denaro contante nel corso di incontri riservati, ma molto più spesso venivano invece mimetizzati attraverso complesse operazioni contabili instaurate tra le società aggiudicatarie dell’appalto e una galassia di altre imprese, intestate a prestanomi, ma di fatto riconducibili ai faccendieri di riferimento per i pubblici ufficiali corrotti.

    Secondo la Guardia di finanza, si tratta di “gravi forme di reato contro la pubblica amministrazione che sottraggono alla collettività risorse pubbliche, incidendo pesantemente anche sulla qualità dei servizi forniti ai cittadini, soprattutto in un settore delicato come quello della sanità”.

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