Era il lontano 2008: Palamara era uno dei tanti magistrati, appena assurto agli onori della cronache per essere da poco arrivato ai vertici dell’Anm, l’Associazione Nazionale Magistrati.
Cossiga, uno che in fatto di magistratura (e non solo) la sapeva più lunga di tutti non perse occasione di asfaltarlo. “Teatro” fu il canale all news di Sky, all’epoca diretto da Emilio Carelli, poi divenuto grillino e poi altro ancora.
Alla domanda della conduttrice Maria Latella sulle dimissioni dell’allora Guardasigilli, Clemente Mastella, spinto a lasciare l’incarico per un’inchiesta a suo carico, aveva spiegato il ruolo della magistratura nella vicenda.
A un certo punto la trasmissione viene interrotta dall’intervento dell’ex Capo dello Stato, Francesco Cossiga, che immediatamente attacca Palamara con un sequenza di insulti e commenti al vetriolo. “Ha la faccia da tonno. I nomi esprimono realtà. Lui si chiama Palamara come il tonno. La faccia intelligente non ce l’ha assolutamente. In questi anni ho visto tante facce e le so riconoscere…”, afferma Cossiga. ù
Palamara resta in silenzio e Cossiga rincara la dose: “Mi quereli, mi diverte se mi querela…”. Cossiga sul finale si rivolge direttamente alla conduttrice: “Sei una bella donna e di gran gusto, non invitare i magistrati con quella faccia alle tue trasmissioni per carità. L’associazione nazionale magistrati è una associazione sovversiva e di stampo mafioso”.
Questo l’antefatto, ormai passato alla “storia” del costume politico e giudiziario di questa nostra travagliata repubblica. A distanza di più di un decennio torniamo a chiedere conto dell’episodio a Luca Palamara, nel frattempo radiato dalla magistratura, candidato alle elezioni politiche suppletive nonché scrittore di best seller assieme al neo direttore di Libero Alessandro Sallusti.
Nel 2008, lei e l’ex presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, avete avuto un duro scontro in tv. A distanza di anni, non crede che le vostre posizioni non fossero poi così distanti sulla magistratura?
È ovvio che nell’immediatezza, come ho sempre detto, furono parole che mi colpirono soprattutto sul piano personale. Col senno di poi, dal punto di vista politico, quelle parole hanno costituito una sferzata critica nei confronti del nostro mondo perché fotografavano, anche da chi aveva vissuto direttamente nel rapporto tra il presidente della Repubblica e il Csm, quella che era la realtà interna: il corporativismo e l’eccesso di chiusura che caratterizzava il mondo della magistratura. A distanza di tanti anni posso dire che anche quelle parole hanno costituito uno stimolo nella mia riflessione critica, soprattutto rileggendo quello che voleva fare Cossiga all’epoca con il Csm.
Lei si è messo in testa di voler cambiare la magistratura. Crede sia un’impresa veramente possibile in Italia
Si, ci credo veramente. Mi rendo conto che ciò è possibile sia quando incontro i cittadini e sia perché sono sicuro che anche all’interno vi sia una voglia di cambiamento. Come tutti i processi di cambiamento c’è necessità di tempo e di coraggio.
Non si parla mai dei concorsi per entrare in magistratura. È tutto così trasparente o, come spesso accade per la selezione di altri profili professionali, anche nei concorsi per magistrati c’è qualcosa che andrebbe rivisto?
Questo è uno dei grandi temi. Io posso dire che quando ci si laurea in Giurisprudenza il concorso in magistratura rimane uno dei concorsi più ambiti e difficili da superare. È ovvio che, soprattutto quando c’è un ampliamento forte degli ingressi, si rischia di abbassare il profilo quantitativo. Io mi auguro e spero che le nuove generazioni ancora di più riescano ad avviare il processo del cambiamento, però indubbiamente anche le modalità di svolgimento del concorso necessitano di trasparenza. Così come dovrà essere trasparente qualunque richiesta di incarico direttivo. Mi pare evidente che ormai non si può più auto raccomandarsi, una prassi che mi auguro sarà estesa a chiunque farà domande che implicheranno decisioni del Csm.