Un uomo di 47 anni e una donna di 44, sono stati condannati, rispettivamente, a 11 anni di carcere l’uno e 4 anni a e 6 mesi di carcere l’altra, per violenza sessuale aggravata ai danni delle due figlie, all’epoca dei fatti minorenni.
La sentenza emessa dal tribunale collegiale di Pescara riguarda fatti commessi tra il 2012 e il 2016, quando l’uomo, a più riprese, abusò sessualmente delle due figlie, toccandole nelle parti intime e condividendo abitualmente il letto con la figlia maggiore.
La moglie, nonostante fosse al corrente di quanto accadeva nella sua casa e fosse stata avvertita da una delle figlie, non è mai intervenuta per difendere le ragazze, rendendosi complice delle violenze del padre.
È stata la nonna materna a porre fine agli abusi, presentando denuncia, dopo avere raccolto le confidenze della nipote più grande.
Il pm Andrea Papalia, al termine della sua requisitoria, aveva chiesto condanne a 12 anni e 6 mesi per il padre e a 10 anni per la madre.
Non solo la madre, ma anche gli zii e i cugini sapevano. Tutti, però, con il proprio comportamento omertoso, diventato addirittura ostile e minaccioso quando la ragazza più grande ha iniziato a mostrare segni di insofferenza, hanno contribuito a disorientare le giovani vittime.
Per anni le ragazze hanno subito le violenze del padre non riuscendo più a capire cosa fosse normale. Dopo il un confronto con un coetaneo, diventato il fidanzato della figlia maggiore, hanno iniziato a prendere coscienza di ciò che erano state costrette a subire.
L’uomo, che in famiglia si mostrava “sistematicamente violento ed aduso a non tollerare rifiuti e frustrazioni”, imponeva le sue pratiche perverse “con condotta minacciosa”.
Ma la moglie non è mai intervenuta, assecondando le condotte del marito, “delle quali era a conoscenza”, sia in riferimento “all’anomala condivisione del letto con la figlia maggiore”, sia “per avere assistito in numerose occasioni” agli abusi del marito, sia per “essere stata esplicitamente informata” dalla figlia minorenne circa le condotte dell’uomo, “senza adottare alcuna azione a difesa della stessa” e dunque, di fatto, concorrendo alla violenza sessuale.