Open Arms | Reporter di TPI a bordo | Giorno 6
Riguardo le immagini del respingimento e sono arrabbiato per quello che è successo.
Sei persone a bordo di una barchetta di tre metri, ferma in mezzo al mare, e le autorità di un Paese europeo che non fanno nulla, ma, anzi, impediscono ad una nave attrezzata e organizzata per soccorso di fare il proprio lavoro.
L’alternativa per queste sei persone è di restare in mare per almeno altre dieci ore, nel buio totale, in attesa che venga intimato alla Open Arms di lasciare la zona e di prenderli a bordo della motovedetta tunisina per essere portati in Tunisia, da dove erano partiti. Un respingimento in tutto e per tutto, come quelli che fanno i libici più a sud o i turchi ad est.
Quest’ultimi però hanno degli accordi con i Paesi europei, accordi pubblici, per cui in cambio di soldi intercettano e respingono le persone migranti che stanno scappando due volte: dal proprio paese d’origine per fame o guerra e dalla Libia o dalla Turchia per come vengono trattati.
Open Arms | L’ombra di un accordo tra Malta e la Tunisia
Chissà se la Tunisia ha un accordo con Malta? Magari ancora non pubblico, per operare nella zona SAR maltese, molto vicina allo stato nord africano, per rimpatriare le persone.
Il clima a bordo è sereno, anche se c’è amarezza. Riccardo Gatti organizza una riunione con chi era sui rhib (i gommoni veloci) per parlare di quello che è accaduto e metabolizzare. È la prima volta che viene raccontato, ma non sappiamo se è la prima volta che accade.
Il fatto è che, nella guerra alle ONG, l’Italia dichiara i porti chiusi (ma solo alle organizzazioni non governative), la Spagna mette le multe a chi interviene e Malta impedisce il soccorso nella sua aria di competenza. Livelli diversi di scontro, ma tutti con la stessa finalità: togliere gli occhi indipendenti in mare.
Open Arms | I dati impietosi dell’UNHCR
In mattinata arrivano i dati dell’UNHCR sugli sbarchi in Italia dall’1 gennaio al 28 giugno: sono 2.616 rispetto ai 16.520 nello stesso periodo del 2018. Un calo notevole che dimostra come le rotte si siano spostate anche se comunque gli arrivi ci sono stati.
I morti in mare accertati, invece, hanno subito un calo non così drastico, purtroppo.
Dall’1 gennaio 2019 al 28 giugno 2019, sono 581, nello stesso periodo del 2018 erano 1.185.
Nel 2019, ogni 4.5 persone che arrivano, una muore. Nel 2018 moriva una persona ogni 13.9. Una bella differenza.
Open Arms | La guerra alle ONG e la fine del soccorso in mare
Il nodo è che si è smesso di fare soccorso in mare: le ONG vengono bloccate e la gran parte degli interventi vengono fatti dalla sedicente Guardia Costiera di Tripoli, impegnata nel battaglia tra il loro presidente Al-Serraj e il generale Haftar.
Esternalizzare la frontiera, nascondere sotto il tappeto il problema e far finta che non esista. Proprio ieri Salvini ha incontrato Al-Serraj a Milano, quando abbiamo appreso la notizia, abbiamo capito che non ci sarebbero stati soccorsi da effettuare, almeno delle barche che partono dalla Libia.
Funziona sempre così: quando Al-Serraj o qualcuno del Governo di Tripoli incontra politici o funzionari italiani, le partenze si fermano. Successe lo scorso anno, io ero a bordo della stessa nave e per una settimana tutto sembrava fermo. Poi ripartirono 4 gommoni e ci fu il caso della Asso 28, la nave commerciale italiana che lavorava per le piattaforme petrolifere libiche e che riportò a Tripoli, contro ogni legge internazionale, le persone soccorse.
Il giorno dopo, noi soccorremmo 87 persone, come se dopo aver trattato con gli italiani, i libici aprissero di nuovo i flussi.
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