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    Omicidio Sharon Verzeni, la rivelazione choc di Moussa Sangare: “Volevo tenere il coltello come souvenir”

    Di Enrico Mingori
    Pubblicato il 3 Set. 2024 alle 15:51

    Moussa Sangare, il 30enne che ha confessato di aver ucciso Sharon Verzeni, ha detto agli inquirenti di non essersi voluto disfare del coltello del delitto per conservarlo come “souvenir” dell’accaduto.

    “Non l’ho buttato nel fiume perché volevo tenerlo per avere memoria di quello che avevo fatto, come un ricordo” ha confidato alla giudice per le indagini preliminari di Bergamo che lo interrogava.

    L’assassino – nato a Milano da genitori originari del Mali – ha raccontato di aver gettato nel fiume Adda gli indumenti che indossava la notte dell’omicidio, mentre il coltello è stato sotterrato nei pressi dell’argine: “Così – ha spiegato – avrei potuto ricontrollare se era ancora lì”. E quando la giudice gli ha chiesto se lo voleva tenere come un “souvenir”, ha risposto “Sì”.

    Sangare ha affermato di essersi pentito di quanto fatto, “ma – ha aggiunto – purtroppo è capitato, è passato un mese, piangere non posso piangere, e non posso essere depresso per mesi”. “Quella cosa lì – ha detto – dura un paio di giorni, poi ti devi riprendere, sennò ti butti giù e non ti rialzi più”.

    La gip di Bergamo ha convalidato nei suoi confronti la misura della custodia cautelare nel carcere orobico (ma l’uomo potrebbe presto essere trasferito, essendo stato bersaglio di di un lancio di bombolette incendiarie da parte degli altri detenuti).

    Verzeni – scrive la gip nella sua ordinanza – è stata uccisa “nella più totale assenza di qualche comprensibile motivazione, in maniera del tutto casuale, assolutamente gratuita, per non dire addirittura capricciosa”.

    Ciò nonostante, l’omicida è ritenuto dagli inquirenti capace di intendere e volere: Il suo “stato mentale” , sottolinea ancora la gip, è “integro”. “A fugare ogni dubbio”, osserva la giudice, sono stati i medici che lo hanno visitato nel reparto di psichiatria appena Sangare è entrato in carcere, secondo i quali il 30enne “non è affetto da una traccia patologia psichiatrica né remota né recente”. L’uomo inoltre ha negato di aver consumato alcoli o droghe la notte dell’omicidio.

    Nell’ordinanza, la gip descrive l’omicida come “un soggetto che, spesso in preda alla noia, sia stato assalito dal desiderio di provare realmente emozioni forti”. L’accusa nei confronti dell’uomo ora è di omicidio aggravato dalla premeditazione e dai futili motivi.

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