Una lite di mezz’ora con il killer, un nome, Andrea, e uno zaino giallo. Sono questi i pochi elementi al momento a disposizione degli investigatori, insieme all’esame dei cellulari e dei tabulati, per cercare di fare chiarezza nell‘omicidio di Daniele De Santis ed Eleonora Manta, i due giovani uccisi la notte del 21 settembre a Lecce. La coppia – lui 33 anni e arbitro di calcio, lei 30 anni, laureata in Giurisprudenza, da pochi mesi dipendente dell’Inps a Brindisi – senz’altro conosceva il proprio assassino.
Andrea. Un nome che Eleonora ha urlato mentre il suo carnefice la uccideva a coltellate nel ventre dopo una lite di mezz’ora. Secondo le prime ricostruzioni, le vittime e l’assassino sono probabilmente saliti insieme in casa: dopo una lite feroce che ha allarmato i condomini per il fragore di vetri rotti e le urla dei tre, l’omicida ha ammazzato prima Eleonora e poi Daniele. A quel punto il killer ha inseguito l’arbitro per le scale e lo ha finito sulla prima rampa, infierendo sul suo corpo. Poi se ne è andato a passo svelto.
Andrea è anche il nome del testimone che ha visto l’assassino allontanarsi, e abita sullo stesso pianerottolo dell’appartamento di proprietà di Daniele. Uscendo sull’uscio di casa, Andrea ha notato un altro particolare, lo zaino giallo che il killer portava in spalla. Tra gli altri elementi che il testimone ha riferito agli investigatori, il fatto che l’omicida era vestito con una tuta da motociclista, un cappuccio nero e guanti di pelle nera. È evidente che la coppia conosceva il proprio assassino, visto che è entrato in casa senza problemi. Molti dubbi da chiarire invece sulle ragioni di un gesto così efferato. Chi in quella drammatica sera di lunedì si trovava in strada ha detto di non essersi accorto di nulla. Ulteriori elementi utili per le indagini potranno arrivare dalle telecamere di sorveglianza e dalle testimonianze di altri condomini.