È uno dei tristi record della Ocean Viking quello segnato nelle ultime 24 ore. Meno di ventiquattr’ore, in realtà, durante le quali si sono susseguiti cinque salvataggi, uno più impegnativo dell’altro. Ci troviamo a bordo della nave della Ong Sos Mediterranee e stiamo navigando lungo la costa libica a nord di Zuara. È da lì che sono partite, probabilmente, tutte le imbarcazioni che sono state salvate e forse ne saranno partite molte altre probabilmente intercettate dalla guardia costiera libica. Non possiamo saperlo con certezza.
Sicuramente, però, i trafficanti di uomini hanno deciso di mandare a morire 400 persone, su un barcone di legno che ne avrebbe a stento potute contenere 100. Nessuna attrezzatura di salvataggio, nessuna attrezzatura di navigazione a bordo e un motore troppo piccolo per quel carico. Ovviamente dopo poco ha smesso di funzionare e la barca ha iniziato a imbarcare acqua rischiando, così, di ribaltarsi. Non potevano salvarsi in alcun modo.
Quando è arrivata la segnalazione, la Ocean Viking si trovava a quasi tre ore di distanza mentre la Sea Watch 3 era leggermente più vicina ma c’era una sola soluzione: coordinarsi e dividere i passeggeri. Nessuna delle due navi umanitarie, con già molti naufraghi a bordo, avrebbe infatti potuto accogliere tutti. E così, con i rhib (i gommoni di salvataggio) abbiamo raggiunto l’obiettivo. Sul posto è stato chiaro che la situazione era molto grave. La tensione è stata molto alta. E ci sono volute davvero molta forza, concentrazione, tempo, ed energia per gestire l’operazione. Ma è andata. In cinque ore, a bordo della Ocean Viking sono state messe in salvo 253 persone, per un totale di 449 passeggeri. Tra loro tanti bengalesi, eritrei, siriani.
Ma la giornata è iniziata molto presto. Intorno alle 7,20, quando la motovedetta della guardia costiera libica si è accostata, i naufraghi hanno temuto che sarebbero presto ritornati nell’inferno libico. Poi forse la presenza dei due gommoni di salvataggio della Ocean Viking, già in acqua anche se a debita distanza, deve aver scoraggiato i libici dall’intraprendere una lunga trattativa. E sono andati via. A quel punto sono cominciate le operazioni di soccorso mentre i migranti, a bordo di un gommone pericolante e mezzo sgonfio, urlavano implorando salvezza.
Stabilizzata la situazione e dopo aver consegnato i giubbotti di salvataggio, i primi 57 sono stati spostati sulle due scialuppe di salvataggio della Ocean Viking e sono stati trasbordati sulla nave madre. Dalle 9 dalle 11,30 in poi si sono susseguiti altri tre salvataggi. Erano tutte imbarcazioni piccole e malandate: gommoni troppo sgonfi per sostenere il peso di tante persone, barchine in legno senza motore. Non sarebbero arrivate da nessuna parte. Due, tre gradini al massimo di una scaletta arancione a dividere il pericolo dalla salvezza.
Appena afferrate le mani dell’equipaggio a bordo della Ocean Viking, e rimessi i piedi su una superficie stabile, c’è chi alza le braccia al cielo per ringraziare Dio, c’è chi piange e c’è chi si lancia tra le braccia di qualcuno per stringersi forte e ci mettono qualche secondo a capire che sono salvi. “People, don’t panic, we will never came back to Libia”. E scoppia l’applauso.