Proseguono le indagini sul naufragio del peschereccio Nuova Iside di Terrasini avvenuto nella notte tra il 12 e il 13 maggio al largo di San Vito Lo Capo, nella Sicilia nordoccidentale. L’equipaggio era composto da tre uomini: Matteo Lo Iacono, 53 anni, il figlio 27enne Vito e il cugino Giuseppe Lo Iacono, 33 anni. I corpi di Matteo e Giuseppe sono stati ritrovati, mentre si pensa che il cadavere di Vito, sia rimasto intrappolato all’interno del relitto. Sulla vicenda indaga la Procura di Palermo, che ha iscritto nel registro degli indagati quattro persone legate alla petroliera “Vulcanello”, che secondo la ricostruzione dei magistrati avrebbe incrociato la rotta del peschereccio causandone l’affondamento e proseguendo la sua rotta senza prestare soccorso. Secondo l’ipotesi acusatoria, la petroliera sarebbe stata riverniciata tra il 21 e il 27 maggio, una decina di giorni dopo la scomparsa del peschereccio, forse per coprire le tracce dello speronamento.
Ora l’obiettivo degli inquirenti è proprio quello di individuare i segni dell’intervento per ripitturare la petroliera. Per questo motivo nei giorni scorsi la nave Vulcanello è stata “messa a secco” nel bacino del cantiere Palumbo a Messina, al fine di verificare e rintracciare le strisciate dell’impatto che sarebbero però state rimosse attraverso una “sovrapitturazione” non autorizzata e non dichiarata. Al momento risultano indagate quattro persone: due ufficiali di plancia, il comandante della petroliera e l’armatore, tutte per il reato di omicidio colposo e omissione di soccorso. L’avvocato Aldo Ruffino, che assiste la famiglia dei tre pescatori, ha commentato: “Ogni intervento sulla nave deve essere dichiarato, invece sarebbero state fatte delle passate di colore con il rullo, utili a coprire i segni dell’impatto”.
Nel bacino senza acqua, così, vengono paragonate le foto della petroliera Vulcanello con la nave oggi sotto sequestro, alla presenza dei periti di entrambe le parti. Intanto, indizi sulla possibile collisione vengono fuori anche dalla scatola nera della nave: nell’audio infatti si sentono dei rumori che sarebbero riconducibili allo scontro. Secondo gli inquirenti questi rumori sarebbero stati prodotti dal “contatto ripetuto” con un oggetto di grandi dimensioni. Questo ulteriore indizio porta l’avvocato della famiglia Lo Iacono a chiedere ancora una volta un impegno concreto del governo nel far riemergere dal mare la “Nuova Iside” al fine di trovare ulteriori indizi e recuperare, soprattutto, il corpo di Vito Lo Iacono, il comandante 27enne ancora disperso dopo l’incidente del 12 maggio che ha sconvolto l’intera comunità di Terrasini, cittadina da sempre patria di pescatori.
“La famiglia è profondamente delusa – spiega l’avvocato Ruffino – nonostante gli appelli e la mobilitazione non è stato fatto dal Governo assolutamente nulla. Siamo costretti a chiedere ancora una volta un aiuto”. Se l’esecutivo al momento appare fermo, i legali della Vulcanello, di proprietà della società Augusta due, gruppo Mednav, sono invece attivi e hanno nominato periti ed esperti tra i migliori sul campo: l’ex comandante dei Ris di Parma Luciano Garofano, l’ingegnere Michele Martinelli.
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