Battute a sfondo sessuale, carezze sulla schiena che provavano ad arrivare al sedere, mano sulla spalla, frecciate sulla vita intima delle alunne: è questo che Dalia Aly, 20 anni, e le sue compagne hanno dichiarato di aver subito da parte di un professore all’interno dell’Istituto superiore Valentini-Majorana di Castrolibero, in provincia di Cosenza. Nei giorni scorsi, alunni ed ex alunni del liceo hanno occupato l’istituto in segno di protesta, e ora sulle presunte molestie sta indagando la Procura di Cosenza. Il Ministero dell’Istruzione, inoltre, ha inviato sul posto gli ispettori dopo una verifica avviata dall’Ufficio scolastico della Calabria. «Durante i compiti in classe, mentre mi spiegava cosa fare, mi avvolgeva con la mano, cercando di toccare il seno. Non riuscivo a fare e a dire nulla, alla fine del primo anno mi sono trasferita», si legge in uno dei messaggi che sono arrivati all’account su Instagram creato da Dalia (@call.out.valentini.majorana)
La protesta
Tutto ha avuto inizio a gennaio, quando Dalia è stata ospite in alcuni talk show e trasmissioni televisive per raccontare la sua storia, in quanto vittima di condivisione non consensuale di materiale intimo. Molti giornalisti, durante quelle interviste, le hanno chiesto se i suoi compagni di scuola e i suoi professori l’avessero supportata durante quegli anni. «I miei compagni e le mie compagne hanno perpetrato atti di bullismo a non finire nei miei confronti, mentre l’intero corpo docenti – fatta eccezione di una singola professoressa – ha sempre sminuito ciò che subivo da loro», racconta Dalia a TPI con voce ferma, decisa e determinata. Nei giorni che seguono le interviste però, la ragazza ricorda anche altro, qualcosa che aveva accantonato, dopo essere uscita dal liceo tre anni fa. «Quel che è peggio però, è che tra i fautori di quegli atti di bullismo, c’era uno dei miei professori che, grazie al suo essere carismatico e alla sua aura giovanile, aveva un grande ascendente sui miei compagni. Era lui ad invogliare i miei compagni e a coinvolgerli in quelle che diventavano vere e proprie molestie verbali di gruppo. Si prendeva di mira un particolare soggetto della classe, che aveva determinate caratteristiche, e lo si prendeva in giro. Io, ad esempio, per la mia vita sessuale relativamente libera, sono sempre stata presa in giro, ottenendo da lui delle attenzioni decisamente non gradite».
Dopo la sua esposizione mediatica, Dalia riceve decine e decine di messaggi di alunne ed ex alunne del suo stesso liceo, che le raccontano di essere state vittime di quelle stesse dinamiche. È allora che Dalia decide di creare una pagina Instagram che diventa un safe place per le persone che ne hanno bisogno. In pochi giorni, l’account raccoglie decine di storie. «Quando ho creato @call.out.valentini.majorana, ricevendo tutte quelle testimonianze, mi sono chiesta se la mia ex dirigente stesse continuando a proteggere quello stesso professore che anni prima aveva molestato me e le mie compagne», racconta Dalia a TPI. «Facendo un po’ di ricerca, ho scoperto che i miei timori erano fondati: considerando che io ho finito il liceo tre anni fa e che quel professore l’ho conosciuto al secondo anno, sono circa sette anni che lui gode della tutela della preside, continuando a molestare verbalmente e fisicamente le ragazze. Tra le altre cose, sto continuando a ricevere testimonianze di ragazze molto più grandi, le quali riferiscono di aver subito le medesime cose da lui. Questo è indice del fatto che sono anni e anni che agisce indisturbato».
Al momento, oltre a Dalia, sono 12 le vittime che hanno indicato quello stesso docente come perpetratore di comportamenti molesti, per cui lui sarà indagato da tutti gli organi di competenza. Da altre testimonianze, invece, è venuto fuori che oltre a quel professore, ce ne sono altri due che stanno attuando gli stessi comportamenti, su cui però non vi sono abbastanza prove.
Nel frattempo, la pagina (e dunque Dalia) è stata querelata dalla dirigente scolastica. Così gli studenti hanno deciso di occupare il Valentini-Majorana, col sostegno non solo dei collettivi studenteschi locali, ma anche dei centri antiviolenza. «Poiché non è giusto sentirsi dire da chi ha il dovere di tutelare l’incolumità degli studenti che le accuse sono infondate, ma soprattutto che chi ha subito violenze o ancora continua a subirne veda tutti i giorni nei corridoi il mostro che l’ha molestata/o», hanno spiegato gli studenti e le studentesse dell’istituto in un post su Instagram in collaborazione con il collettivo femminista “FEM.IN. Cosentine in lotta”. La richiesta principale degli studenti è una presa di posizione da parte della dirigente scolastica, «che faccia chiarezza una volta per tutte sui casi di molestie».
«Un’occupazione di questo tipo è un segnale importante, è indice del fatto che i tempi stiano cambiando e che abbiano iniziato a cambiare dal Valentini-Majorana, che non è la “scuola delle molestie” – come soprannominata da qualche giornale – ma la scuola che le combatte», dice a TPI F., uno degli organizzatori della protesta. «Anche altri istituti stanno organizzando occupazioni per motivi analoghi, per questo motivo, ci auguriamo che questo sia l’inizio di un vero e proprio #metoo nell’ambiente cosentino».
Le indagini
In questi giorni, la procura di Cosenza ha avviato un’inchiesta e il collettivo studentesco che ha organizzato l’occupazione ha riferito di avere consegnato ai carabinieri di Castrolibero circa una ventina di testimonianze, alcune firmate e altre anonime, sui fatti che si sarebbero verificati a scuola. Sul sito web dell’istituto, inoltre, è stata pubblicata una lettera del Collegio dei docenti, in cui si dice che «non ci può essere alcuna tolleranza per ogni forma di molestia sessuale, di violenza fisica o verbale che offenda la dignità di tutti e in particolare di soggetti minori e in formazione», ma che allo stesso tempo «è necessario evitare inaccettabili generalizzazioni o processi sommari che sempre lasciano solo macerie e ferite profonde che difficilmente potranno essere rimarginate». Anche se qui, le uniche ferite sono quelle portate addosso dalle vittime non solo di quelle molestie, ma di un sistema scolastico che si ostina a non voler dare loro giustizia.
Continua a leggere sul settimanale The Post Internazionale-TPI: clicca qui