Era una nave donata dall’Italia alla Libia quella da cui sono partiti i colpi che hanno ferito il comandante del peschereccio Aliseo, Giuseppe Giacalone, al largo della costa di Misurata. È il fatto paradossale emerso all’indomani delle tensioni che si sono registrate al largo delle coste libiche, e che si sono, fortunatamente, concluse senza vittime. Anche se il rischio che ci scappasse il morto, era reale: “Siamo vivi per miracolo, ci hanno sparato a pallettoni, qui la cabina è piena di buchi”, ha dichiarato Giacalone via radio all’Ansa durante la navigazione verso il porto siciliano di Mazara del Vallo. Ma come è stato possibile identificare la nave italiana donata al governo di Tripoli? E come è possibile che da lì siano partiti i colpi che hanno ferito il comandante dell’Aliseo?
Il dettaglio è emerso dalle foto dell’incidente, pubblicate dalla Marina militare italiana. Sulla fiancata della nave, come si vede dalle immagini, è dipinto il numero 660, e questo rende possibile identificarla come la “Ubari-660“, una delle due navi donate del 2018 dal governo guidato da Paolo Gentiloni, con ministro dell’Interno Marco Minniti, dopo la sottoscrizione del memorandum con la Libia nel 2017.
#naveLibeccio in assistenza ai pescherecci italiani Artemide, Aliseo e Nuovo Cosimo avvicinati da motovedetta libica nelle acque della Tripolitania.
Motopesca in sicurezza. Assistenza sanitaria fornita al comandante del M/P Aliseo, ora in buono stato di salute. #MarinaMilitare pic.twitter.com/pJRBLl5AcL— Marina Militare (@ItalianNavy) May 6, 2021
La donazione è avvenuta quindi nell’ambito del piano di aiuti in favore delle milizie dell’allora governo libico guidato da Fayez al Serraj, sottoscritto in cambio della disponibilità dei libici a intercettare le imbarcazioni dei migranti che salpano dalle coste del loro Paese. La sottoscrizione del memorandum, appoggiato anche dall’Ue, nonché il suo sostanziale rinnovo a febbraio 2020, sono stati oggetto di aspre critiche, a causa delle violazioni dei diritti umani, delle violenze e degli stupri perpetrati nei lager libici in cui i migranti bloccati in Libia vengono sottoposti.
La Ubari-660 era una delle due ex motovedette classe Corrubia dismesse dalla Guardia di Finanza italiana che sono state consegnate alla Libia in base all’accordo, insieme a dieci ex navi della Guardia costiera italiana che sono state consegnate solo nel 2019, e sono state utilizzate in questi anni per pattugliare la zona SAR, facilitando le operazioni per impedire ai migranti di lasciare la Libia.
Le autorità libiche sostengono che dalla motovedetta sono stati sparati solo colpi d’avvertimento, ma questa versione è in contrasto con quella fornita dall’equipaggio dell’Aliseo, presente sul posto insieme ad altri due motopesca di Mazara del Vallo “Artemide” e “Nuovo Cosimo”. I pescherecci siciliani rischiano spesso il sequestro nelle acque antistanti le coste libiche e incluse nella Zee (Zona Economica Esclusiva), tutelata dalla comunità internazionale entro le 12 miglia, ma rivendicata dalla Libia fino a 62 miglia. Lo scorso anno 18 pescatori di Mazara del Vallo sono stati sequestrati a settembre, tenuti prigionieri per 108 giorni in Libia e sono stati liberati solo a dicembre.
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