Natale De Grazia, un convegno per ricordare il Capitano di corvetta scomparso nel 1995
Quando il 12 dicembre del 1995 Natale De Grazia salì in macchina con colleghi del pool di Reggio Calabria probabilmente non ipotizzava che quello sarebbe stato il suo ultimo viaggio, i suoi ultimi sorrisi e discorsi, i suoi ultimi sguardi mentre svolgeva un importante viaggio per La Spezia.
Natale De Grazia – il “tecnico” proveniente dalla Capitaneria di Porto di Reggio Calabria, in prestito alla Procura della Repubblica presso la Pretura circondariale di Reggio Calabria all’interno del procedimento penale n. 2114/94 – condusse sotto la guida del Procuratore Francesco Scuderi e del sostituto Procuratore Franco Neri, importanti indagini sul traffico di materiale nucleare e sullo smaltimento illecito di rifiuti pericolosi e radioattivi.
La notte tra il 12 ed il 13 dicembre il Capitano di corvetta Natale De Grazia morì in circostanze ancora da chiarire. Alcuni dati certi, però, non possono essere confutati. Il Capitano non morì per morte naturale – nonostante le autopsie della dottoressa Simona Del Vecchio, condannata in primo grado, in altre circostanze, a 6 anni e 6 mesi nel 2018, per la vicenda delle cosiddette “autopsie fantasma” – anche grazie alla perfetta forma fisica e ai continui controlli, obbligatori all’intero della Capitaneria.
Nel 2013 la Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti ha dedicato un’intera relazione a questa vicenda, conferendo l’incarico di consulenza medico-legale (sulla base del materiale archiviato) al dottor Giovanni Arcudi, consulente della Commissione e cattedratico dell’Università degli Studi di Tor Vergata, onorato anche della prestigiosa carica di Consigliere scientifico della Marina Militare Italiana e, a suo dire, collaboratore per molti anni della Marina Militare italiana.
Giovanni Arcudi ha dedotto che le indagine sulla morte di De Grazia “sono state del tutto inappropriate” e che “ai fini di chiarire se nel caso in discussione si è trattato di una intossicazione o un avvelenamento, le analisi allora effettuate sono del tutto inutilizzabili, restando insoluto l’interrogativo circa l’influenza di fatto tossico nel determinismo della morte”.
Nonostante dopo quasi un quarto di secolo non sia stata fatta giustizia, la figura del Capitano De Grazia continua ad esser ricordata da associazioni ambientaliste e antimafia, da studiosi e giornalisti, da amici e colleghi e da una parte delle istituzioni. In questa opera di memoria e di analisi delle vicende accadute in quegli anni – e di quelle che quotidianamente accadono – si inscrive la due giorni del convegno dal titolo “MetaNatura. L’ambiente tra mafie, legge e società civile” che si svolgerà il 13 ed il 14 dicembre nell’elegante cornice dell’ex Convento dei Minimi di Roccella Jonica (RC).
L’ambizioso programma propone ospiti di grande rilievo nazionale proveniente da discipline e settori diversi, tra cui il Commissario Straordinario per la Bonifica delle Discariche Abusive presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, Gen. Giuseppe Vadalà, il deputato Giuseppe d’Ippolito – firmatario di una proposta di inchiesta parlamentare sulle “navi a perdere”, presentata il 29 giugno 2018 –, il giornalista reggino Claudio Cordova, vincitore del Premio Nazionale Paolo Borsellino per il giornalismo e il dottorando dell’Università degli Studi di Milano, Andrea Carnì, autore di “Cose storte. Documenti, fatti e memorie attorno alle navi a perdere”.
Ciò che ha spinto gli organizzatori a realizzare questo convegno è l’importanza di fare memoria del Capitano Natale De Grazia e, al contempo, la necessità di riformulare il rapporto con l’ambiente e con la natura ponendosi, al contempo, contro ogni forma di agire mafioso e corruttivo che continua a devastare la nostra terra e i nostri mari.
Nella Locride, in Calabria – e nel mondo tutto – non ci si può più permettere di essere pro-Ambiente e pro-Natura senza essere, contemporaneamente e con forza, contro-mafie, contro-ndrangheta e contro ogni forma di associazionismo segreto o istituzione deviata che persegue interessi propri e in contrasto con il bene comune e con la vita della comunità.
Anche questo ci hanno lasciato in eredità Natale De Grazia, Ilaria Alpi, Miran Hrovatin, Mauro Rostagno e coloro i quali sono morti non sopportando, come diceva lo stesso De Grazia, “le cose storte” e svolgendo il proprio lavoro nell’unico modo in cui sapevano svolgerlo: dando il massimo.
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