“Non consentirò che l’Italia diventi il campo profughi d’Europa”. Lo dice con forza Giorgia Meloni, alla vigilia dell’intervento che segnerà il suo esordio all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, la ‘prima’ di una donna presidente del Consiglio italiana nell’imponente sala oro e blu del Palazzo di Vetro. E lì che Meloni solleverà uno dei temi che le sta più a cuore, spina nel fianco del suo governo: l’emergenza migranti, un’onda che non si arresta e che anzi ha preso più vigore con l’alluvione in Libia e il terremoto in Marrocco.
Meloni assiste all’apertura dei lavori dell’Unga, poi raggiunge Columbus Circle per deporre una corona di fiori sotto la statua di Cristoforo Colombo, a due passi da Central Park. Al mattino vede i presidenti di Kenya, Guinea e Senegal, nel pomeriggio incontra Recep Tayyip Erdogan. Il dossier migranti è in cima alla lista delle priorità, senz’altro quello su cui punta di più, convinta di poter smuovere qualcosa anche a New York, dopo aver condotto domenica scorsa la presidente della Commissione Ursula von Der Leyen a Lampedusa, ottenendo un impegno dell’Europa in 10 punti. Stroncati da Mateusz Morawiecki, suo alleato nel gruppo Conservatori: “Un piano disastroso”, ha detto senza giri di parole il premier polacco promettendo battaglia.
L’Italia “non può essere lasciata sola” e avanzerà una sua proposta. Meloni dice di confidare nelle Nazioni Unite perché “un’organizzazione che fu fondamentale nel contribuire a sconfiggere la schiavitù non può consentire il ritorno di quella barbarie sotto altre forme”. La partita si vince solo insieme. Nonostante i numeri degli sbarchi da brivido, e in costante crescita, la premier si dice fiduciosa: “Se avessimo la bacchetta magica avremmo risolto il problema. Non ce l’abbiamo. Ci vorrà tempo, ma sono convinta che ce la faremo’’.