“Una decisione pesantissima da digerire, non si può prescrivere un omicidio dopo tutto quello che è successo in questi anni”. Sono le tristi parole pronunciate da Bruno Rossi, il padre di Martina Rossi, una ragazza che morì a soli 20 anni il 3 agosto 2011 dopo essere precipitata dalla finestra di un albergo a Palma di Maiorca.
Una dichiarazione, quella del genitore della giovane, che arriva a seguito dell’estinzione, per prescrizione, dell’accusa di morte come conseguenza di un tentativo di violenza sessuale al processo d’appello che vede imputati Luca Vanneschi e Alessandro Albertoni. La decisione è stata comunicata questa mattina dalla presidente della sezione della corte d’appello di Firenze, Angela Annese, all’apertura del processo di secondo grado. I due aretini, Vanneschi e Albertoni, sono stati già condannati in primo grado per la morte della ventenne di Genova: l’accusa ritiene che Martina sia precipitata dal balcone mentre cercava di fuggire da un tentativo di stupro da parte dei due ragazzi.
Questi ultimi hanno ricevuto lo scorso 14 dicembre una condanna in primo grado a 6 anni di reclusione per l’accusa che, però, oggi è stata dichiarata prescritta e per la tentata violenza. Se, a seguito del processo di secondo grado, venisse confermato il verdetto dei giudici del 14 dicembre 2018 la pena si dovrebbe quantomeno dimezzare. La presidente della corte d’appello ha poi rinviato il processo al 20 settembre 2020, con possibile prosecuzione per il 5 ottobre.
Secondo la difesa quello di Martina Rossi non sarebbe stato un omicidio ma un suicidio e, se il reato di tentata violenza sessuale di gruppo dovesse essere derubricato a violenza di un singolo, proprio come domandano i difensori, allora la prescrizione potrebbe vanificare il tutto.