Il 19 novembre 2001 in Afghanistan è in corso una guerra cominciata il 7 ottobre e che sarebbe durata vent’anni. La strada che da Jalalabad porta a Kabul è piena di sassi e buchi e viene attraversata da reporter così come da gruppi armati. Quel giorno di venti anni fa, a percorrerla c’è Maria Grazia Cutuli per il Corriere della Sera, ha 39 anni. Con lei ci sono altri giornalisti: Julio Fuentes, inviato di El Mundo, e i corrispondenti della Reuters: l’australiano Harry Burton e l’afghano Azizullah Haidari.
Sono a circa 70 km da Kabul quando vengono bloccati da un gruppo di miliziani del posto che ordinano loro di scendere dall’auto. Le raffiche di kalashnikov contro i giornalisti non lasciano scampo. Maria Grazia Cutuli viene colpita alle spalle e muoiono con lei anche i colleghi Fuentes, Burton e Haidari.
Pochi giorni prima dell’agguato, la giornalista del Corriere chiede a Carlo Verdelli – all’epoca vicedirettore – di poter rimanere in Afghanistan ancora per un po’. Preannunciandosi lungo il conflitto, sarebbe cominciato un sistema di staffette e lei è lì da 15 giorni, deve passare il testimone. Ma sta lavorando a un’importante inchiesta, la stessa che viene pubblicata nel giorno della sua morte. Così riesce a rimanere in Afghanistan. “Un deposito di gas nervino nella base di Osama”, questo il titolo dell’ultimo articolo in cui compare anche il collega Fuentes che insieme a lei scopre le confezioni di gas sarin all’interno di “uno dei più grandi campi di Osama Bin Laden in Afghanistan” sulle colline di Jalalabad. Alcune fiale portano etichette di aziende statunitensi, osserva il giornalista spagnolo. Fare l’inviata di guerra era il suo sogno sin da bambina, racconta Verdelli in una puntata del programma Rai Ossi di seppia. E ricordandola dice che “Una delle sue caratteristiche è l’apprendimento costante e continuo. Si poneva obiettivi sempre più alti per essere sempre più aderente alla realtà che vedeva”.
Chi era Maria Grazia Cutuli
Nata a Catania il 26 ottobre 1962, comincia la sua carriera da giornalista nel 1986 collaborando con il quotidiano La Sicilia e con l’emittente tv Telecolor International. Poi il passaggio in Lombardia dove scrive prima per i mensili Marie Claire e Centocose e in seguito per il settimanale Epoca. Ed è lì che vengono pubblicati i suoi reportage e le sue inchieste dalla Bosnia come anche dal Congo, dalla Cambogia e dalla Sierra Leone.
Dopo anni di collaborazioni arriva il primo contratto con il Corriere della Sera, è il 1997 ed è alla redazione Esteri. Due anni più tardi viene assunta con un indeterminato. Qualche giorno prima della sua morte, riesce a entrare anche in una scuola coranica, è l’unica giornalista italiana che ci riesce, racconta Verdelli a Ossi di seppia.
Dopo la morte di Maria Grazia Cutuli vengono avviate due inchieste giudiziarie: una in Italia e un’altra in Afghanistan. Nel 2007 il capo della banda, Reaza Khan, viene processato a Kabul e condannato a morte. Nel 2017 vengono condannati dalla corte d’Assise di Roma due cittadini afghani ritenuti appartenenti al gruppo dei miliziani, Mamur e Zar Jan, detenuti in patria dove stavano scontando la pena – 16 e 18 anni di reclusione – per l’agguato commesso. Per la giustizia italiana gli anni sono 24. Secondo le indagini, l’agguato era volutamente indirizzato solo ai giornalisti stranieri. I talebani volevano dimostrare di essere ancora in grado di controllare il territorio.