La madre di Federico Aldrovandi: “George Floyd morto come mio figlio”
“George Floyd è morto come mio figlio, schiacciato sotto il peso di un poliziotto, per me è come rivedere la scena di mio figlio”: parla così oggi Patrizia Moretti, la madre di Federico Aldrovandi, commentando la vicenda del 46enne afroamericano che lunedì scorso ha perso la vita dopo essere stato fermato dalla polizia, bloccato a terra da un agente. Federico, studente ferrarese, morì a 18 anni il 25 settembre 2005 proprio dopo un controllo di alcuni agenti, vicenda che ha portato alla condanna di quattro poliziotti, a 3 anni e 6 mesi di reclusione per “eccesso colposo nell’uso legittimo delle armi”.
“Quello che è accaduto a Minneapolis – ha dichiarato Patrizia Moretti su Rai Radio 3 intervistata a ‘Tutta la città ne parla’ – l’ho visto tante, troppe volte, l’ho visto accadere qui e in tante parti del mondo, ma soprattutto è successo anche a mio figlio. È morto esattamente allo stesso modo di George Floyd, schiacciato sotto le ginocchia e sotto il peso di un poliziotto, proprio mentre chiedeva aiuto e diceva ‘non riesco a respirate, aiutatemi’ e poi chiamava la mamma. Esattamente le stesse cose. Credo che sia un rito che si è ripetuto troppe volte, ed è dolorosissimo vederlo ogni volta, per me è come rivedere la scena di mio figlio”.
“In Italia hanno mantenuto i poliziotti in servizio”
La madre di Federico Aldrovandi ha ricordato le condanne dei poliziotti in Italia, esprimendo il suo rammarico per casi che si sono risulti “in nulla”. “Vedo – ha detto – che comunque in America c’è questa grande rivolta, questa sollevazione di tutti gli animi, indignazione e richiesta di giustizia. Anche qui c’è stata, in maniera composta e civile, ci ha accompagnato durante tutti gli anni del processo e tutta la vicenda di Federico. Ma si è risolta in nulla. Quei poliziotti sono stati condannati, per omicidio colposo in eccesso colposo. Sostanzialmente è stata una condanna molto lieve, a tre anni e mezzo”.
“Ma – ha continuato Patrizia Moretti – non è tanto la pena che mi indigna, ma il fatto che siano comunque rientrati in servizio. È finita lì, non è successo niente, non ci sono stati provvedimenti di carattere generale che possano modificare questo stato di cose. In America li hanno licenziati in tronco, quelle due persone non sono più in servizio. Invece qui da noi non succede, credo che sarebbe il minimo che queste persone perdessero la divisa, perché non la meritano, con tutto il rispetto che ho per chi svolge bene quel lavoro. Quelli no, non lo meritano. Eppure sono stati mantenuti in servizio, adesso forse sono in pensione, ed è finita lì, non se ne parla più”.
La madre di Federico Aldrovandi ribadisce che le storie di Minneapolis o Ferrara sono in realtà solo alcuni esempi di casi più frequenti di quanti si possa immaginare. “Le cose successe prima dell’omicidio di Federico e anche dopo, le vediamo purtroppo accadere ogni tanto… E forse abbiamo la percezione parziale di quello che succede. Ma non ci sono delle vere misure per evitarlo, non c’è una formazione o qualcosa che sia in qualche modo deterrente per questo tipo di comportamenti, omicidi, e quando non finiscono in omicidio finiscono in nulla lo stesso. Penso al caso dei fratelli De Michiel, a Venezia, due ragazzi figli di un poliziotto tra l’altro. I processi sono andati per anni e anni e adesso anche se c’è stata una condanna c’è la prescrizione. Per fortuna il ragazzo è sopravvissuto e ha potuto raccontarlo. Ne conosci di tanti così, qualcuno sopravvissuto e altri no”.
“In America il razzismo, qui il mostro sono i giovani”
Ma se negli Stati Uniti i comportamenti del poliziotto nei confronti di George Floyd ed altri sono considerati mossi da razzismo, quale sarebbe la spiegazione per quanto accade in Paesi come l’Italia? “In molti casi qui in Italia, come quello di mio figlio, il colore della pelle non c’entra. Nel caso di mio figlio e altri – ha spiegato ancora Patrizia Moretti su Rai Radio 3 – ho l’impressione che il mostro da colpire siano i giovani, i ragazzi. Un ragazzo giovane è un potenziale pericolo pubblico anche se non sta facendo niente, e come tale è demonizzato. È una categoria che sembra essere considerata a rischio, un bersaglio, non so come dire”.
Poi la madre di Federico Aldrovandi conclude: “Ricordo le parole che hanno usato al processo. Dicevano ‘Noi abbiamo vinto’. È raggelante. Dicevano che avevano ‘vinto’ Federico. A questo punto tanti anni dopo la vera indignazione è per la mancanza di misure che non vedo per evitare e prevenire tragedie di questo tipo”.
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