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    Palermo, si sono pentiti due capi della mafia nigeriana: 13 arresti a Ballarò

    Di Carmelo Leo
    Pubblicato il 4 Apr. 2019 alle 11:33 Aggiornato il 4 Apr. 2019 alle 11:34

    Anche nella mafia nigeriana esistono i pentiti. Nella notte tra mercoledì 3 e giovedì 4 aprile a Palermo è scattata un’operazione che ha portato al fermo di 13 persone, accusate di agire nei pressi del popolare mercato di Ballarò.

    Decisive sono state le dichiarazioni di due boss, o meglio un capomafia e il suo factotum, che hanno deciso di parlare con gli inquirenti rivelando anche l’esistenza di una nuova cellula contrapposta ai già noti “Black Axe” e ai “Vikings”.

    Vikings contro Black Axe: la guerra tra i clan della mafia nigeriana per le piazze dello spaccio

    I due, infatti, appartengono alla cosiddetta confraternita degli “Eiye”. Un gruppo che, complice il blitz della polizia di tre anni fa che decimò i Black Axe, in questo periodo sono riusciti a crescere, radicandosi in alcune zone “strategiche” della città.

    Al momento del fermo, le 13 persone non si trovavano solo in Sicilia: se sette erano a Palermo e due a Catania, infatti, gli altri avevano lasciato da tempo la Sicilia. Uno si trovava a Castelvolturno, uno a Treviso, uno a Vicenza. L’accusa nei loro confronti è di associazione mafiosa.

    Secondo le indagini degli inquirenti, negli ultimi anni gli “Eiye” sono cresciuti molto, garantendosi una certa influenza anche al Cara di Mineo, dova nella notte sono state arrestate altre persone. Il gruppo è presente anche in altre città, non solo siciliane, come Cagliari, Torino e Padova.

    Secondo quanto raccolto da Repubblica, i gruppi della mafia nigeriana a Palermo sono impegnati non soltanto nello spaccio di droga, ma anche nella tratta delle donne e quindi nello sfruttamento della prostituzione.

    Ma è proprio da quest’ultima attività che è arrivata la soffiata che ha permesso il blitz della polizia. Una di queste donne, infatti, ha deciso di ribellarsi e denunciare tutto, rivelando agli investigatori la presenza degli “Eiye” nel capoluogo siciliano.

    Nel corso delle indagini, inoltre, sono emersi una serie di dettagli molto particolari sul rito di affiliazione a questo clan della mafia nigeriana. Grazie alle microspie della polizia, infatti, si è scoperto che ogni nuovo membro viene spogliato e spinto per terra, pestato con calci e pugni e costretto a bere una miscela del suo sangue e delle sue lacrime con alcol.

    Poi viene chiesto il pagamento di una somma di denaro al capomafia e il silenzio su questa pratica.

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